Capitolo 110

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Durante tutto il mio percorso scolastico, dalle medie alle superiori, non avevo mai perso un giorno di scuola.
Preferivo andarci malata, piuttosto che restarmene a casa sola con Agata.
Mi mandava a far spesa, o mi costringeva a pulire, anche se avevo la febbre molto alta. Da parte sua mai tenerezze, carezze, nessuna comprensione.
In estate poi, la situazione era ancora più odiosa e grave.
Immaginatevi me, per tre mesi, in balia di una serpe velenosa com'era, per l'appunto, quella pazza schizzata della mia matrigna. Sarebbe stata cocente battaglia dal primo risveglio.
Proprio per questo motivo avevo deliberatamente deciso di andare a lavorare al mercato insieme a mio padre.
Meglio cogliere un frutto buono dal marcio, piuttosto che marcire tra le mani di un frutto cattivo, ossia la putrida Agata.
E così, seduta sul retro del camion guidato da mio padre, mi nascondevo rannicchiata tra casse di mele, amarene, pesche, prugne, ciliegie, e altri prodotti di stagione, per non farmi notare.
Per quanto mi piacesse rapportarmi con i clienti di mio padre, tuttavia era alquanto imbarazzante girare tra le vie principali di Milano con la mia persona esposta in bella vista, dietro l'automezzo, alla mercé di tutti gli abitanti, automobilisti, pedoni e passanti dei luoghi attraversati.
Sicuramente meno umiliante rispetto a tutte quelle mortificazioni che Agata, immotivatamente, mi infliggeva soddisfatta davanti a parenti e amici.
Ricordo un episodio in particolare.
Luglio 1983.
14 anni da poco compiuti.
Mia sorella Luciana era stata spedita, come un pacco postale poco importante e piuttosto ingombrante, ad una colonia estiva in Liguria.
Povera piccola. 15 giorni senza che mai  nessuno fosse andato almeno un giorno a trovarla.
A me non andò di certo meglio.
Fui costretta a trascorrere tre lunghe e interminabili settimane nella casa natale di Agata.Agata, mio fratello ed io.
Io, sola, tra tutti i familiari della mia "adorata" matrigna.
Io, sola, senza mio padre.
Prevedevo l'inferno.
Non perché temevo i parenti di Agata, da me considerati bravissime e rispettabili persone.
Bensì mi sentivo orribilmente minacciata da un unico, ripetitivo, sgradevole incubo: Agata... Agata... Agata.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora