Una delle tante cattive prerogative di Agata era quella di tenere appositamente sempre tutto sotto chiave.
Un altro dispetto, avventato e intenzionale, meditato apposta e a disprezzo nei confronti miei e di mia sorella Luciana.
Ormai era diventata costante consuetudine assistere tacitamente alle assidue e invadenti prepotenze di Agata.
Abitualmente acquistava biscotti, focaccine e merendine di ogni genere esclusivamente per il figlio prediletto.
Sangue del suo sangue.
Di quelle invitanti squisitezze, noi potevamo soltanto guardare, odorare, senza mai, purtroppo, assaporare.
Se avevamo fame, per merenda, Luciana ed io dovevamo accontentarci semplicemente di un banale pezzo di pane.
Spesso mangiato di tutta fretta per timore di essere beccata in fragranza di reato da Agata.
Era difatti Agata che decideva quando, come e cosa mangiare.
Per colazione ci prelibava di pane raffermo inzuppato nel caffellatte e che, a dispetto di ogni sua calcolata provocazione, a me piaceva anche tanto.
Mi ricordava il calore intenso e famigliare della mia cara e dolce nonnina.
Ma come tutte le matrigne cattive, descritte su pagine di libri di favole, anche Agata ardiva ardentemente a diventare, e a rimanere, l'unica Regina più bella della casa.
Ed era proprio per questo che faceva di tutto per rendere Luciana e me sempre più brutte e sgraziate.
Alimentazione scorretta a parte, ricca di grassi per farci diventare grasse e ricoperte di brufoli, Agata cercava anche di controllare, con arguta e pretenziosa ossessione, un look più consono e adatto al nostro tipo di condizione.
Ovviamente prefiggendosi e prefissandoci tutto ciò che valorizzasse il peggio di noi.
E così, alla folta chioma rossa di Agata, che lei tanto vantava pavoneggiandosi, noi figliastre, invece, dovevamo dare sfoggio ad uno scialbo taglio di capelli molto corto.
Cortissimo.
Stile scolaretto.
E se tornate dal parrucchiere l'acconciatura mia o di mia sorella non era proprio di suo gradimento, in quanto rischiava di mettere in mostra la nostra velata bellezza nascosta, allora, imperturbabile, ci rispediva immediatamente indietro, obbligandoci ad un'altra, ulteriore, azzardata, piccola spuntatina.
Inutile piangere o disperarsi.
Per Luciana e me non aveva più senso.
Come non aveva nessun senso lo scempio che fungeva da cornice ad un'esistenza diventata ormai sempre meno sopportabile.
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L'Illusione di un padre
General FictionTRATTO DA UNA STORIA VERA. I NOMI SONO CAMBIATI PER PRIVACY. La vita, alla piccola Emily, non le ha mai regalato nulla. Le ha sempre tolto e mai dato. Orfana di madre alla sola età di 7 anni, molte cattiverie, avversità e costanti soprusi ha dovuto...