Capitolo 106

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Occhioni grandi, marroni, ammalianti e profondi.
Sguardo magnetico e seducente.
Labbra scarlatte e carnose di un sorriso smagliante e sensuale.
Nasino perfetto e grazioso contornato da un volto tondo e giocondo.
Guance rosee e vellutate, deliziate da piccole fossette vistose.
E per finire capelli lunghi, neri e lucenti, che io adoravo tanto scompigliare, pettinare e acconciare.
Sciolti, raccolti, treccia e treccine.
Sulla sua folta e fascinosa chioma mi sbizzarrivo alla grande.
Operando di feconda fantasia.
Artificio che sui miei spenti capelli, corti e sgraziati, non potevo purtroppo effettuare. Ed è per questo che mi divertivo, creando e giocando, a scombinare i suoi.

A pensarci bene, non si è trattato di una fortuita casualità il nostro calamitante trovarsi.
Stesso giorno, stessa scuola, stessa età, stessa aula scolastica.
L'indimenticabile mitica 1ªC.
Io e lei fatalmente compagne di classe.

Primo giorno di scuola.
Ho appena terminato di mangiare.
Scuoto, come di consuetudine, la tovaglia sul balcone.
«Ehi? Ciao!»
Mi volto di scatto.
«Ciao!»
Rispondo io.
«Sbaglio o già ci conosciamo?»
«Mi pare di sì!»
«Sei per caso in 1ªC?»
«Si!»
«Allora sei in classe con me.Ma non ricordo il tuo nome»
«Mi chiamo Emily e tu?»
«Maria Grazia. Ma tutti mi chiamano Mary»
La finestra del suo bagno si affacciava esattamente sul balcone della mia cucina.
Lei abitava al terzo piano.
Io al quarto.
Una di fronte all'altra.
Eppure io non sapevo nulla di lei.
E lei, a sua volta, non sapeva nulla di me. Questione di tempo.
Addirittura di ore.
Giorno dopo giorno la nostra conoscenza reciproca si approfondì in maniera costante e soprattutto armoniosa.
Andavamo e tornavamo da scuola insieme. Insieme ci accompagnavamo alla Messa della Domenica mattina.
E quando Agata era di luna buona, paradossalmente capitava molto di rado, trascorrevamo insieme anche la domenica pomeriggio.
Sempre insieme.
Più che mai inseparabili.
Uscire durante la settimana?
Non se ne parlava nemmeno.
Era assurdo solo pensarlo.
Ogni tanto, approfittando della scusa dei compiti, Mary mi invitava amorevolmente a casa sua.
Avrei voluto più volte ricambiare il suo gradevole gesto, magari ospitandola da me. Disgraziatamente Mary faceva parte di quell'eccezionale cerchia di persone che non andava particolarmente a genio ad Agata.
E alle quali Agata, non garbandoli, spesso e volentieri gli sbatteva sgarbatamente e con sfacciataggine la porta in faccia.
Ma Mary era la mia migliore amica.
L'amica del cuore.
E per l'affetto che provava per me, era pronta pure a subire e a sopportare una donna così acida ed odiosa com'era per l'appunto Agata.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora