Capitolo 50

78 6 0
                                    

Passati pochi mesi mio padre Sandro sposò Agata.
Trascorsero quindici indimenticabili giorni nella meravigliosa isola sarda.
Dopo la romantica luna di miele, ci raggiunsero a Terlizzi, per poi ripartire tutto insieme per Milano: Luciana, nonna, papà, io e lei naturalmente, Agata.
Al principio la sua presenza mi fu del tutto indifferente.
Nonostante nonna mi avesse più volte raccomandata di rivolgermi a lei chiamandola "mamma", tuttavia a me risultava alquanto difficile attribuirle quel nome.
Era meglio "signora".
Anzi, era meglio non chiamarla affatto, tanto sapevo a chi rivolgermi se ne avessi avuto necessità.
Per Luciana fu senz'altro più semplice emettere quell'armonico suono così dolce e soave.
Aveva pronunciato "mamma" per così poche volte che era davvero contenta di poter ripetere di nuovo quella sensibile parola.
Ma per varie vicissitudini queste sinfoniche sillabe, piacevoli e melodiose, sarebbero diventate per lei, con il trascorrere degli anni, voce stridente e stonata.
Ad ogni modo, almeno all'inizio della nostra convivenza con Agata, tutto procedeva in maniera normale e tranquilla.
Addirittura Luciana ed io eravamo incredibilmente più libere di uscire e di muoverci come volevamo.
Probabilmente era solo un modo per mio padre e Agata di restare intimamente soli.
Anche nonna iniziò a rimanere lontano da casa sempre più spesso.
Desiderava che noi ci affezionassimo il più possibile alla nuova arrivata.
Nonna sapeva di non poter vivere in eterno.
Io ero comunque serena.
Ero certa e sicura che nonna sarebbe sempre ritornata da me.
Le volte che capitava di intrattenersi più giorni a casa del figlio Michi, allora Luciana ed io restavamo completamente sole con Agata.
Contrariamente a Marisa, non le piaceva proprio lavorare al mercato come venditrice ambulante.
L'idea di servire per strada non la entusiasmava per niente.
Era sicuramente più gratificante restarsene placidamente a letto a dormire sotto calde e confortevoli coperte.
Per il suo piacere così lusinghiero di prolungarsi nel sonno, allora ero io che al mattino mi alzavo per preparare la colazione a mia sorella e a me.
Dopo averla lavata e in qualche modo vestita, uscivo con Luciana per andare a giocare in cortile.
Naturalmente, per non disturbare e destare l'allietante siesta di Agata, prima di scendere le lasciavo scrupolosamente sul tavolo alcuni messaggi scritti.
Era il sistema migliore che avevo trovato per comunicare con lei.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora