Capitolo 32

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Provavo un piacere particolare nel terrorizzare soprattutto un'amichetta di mia sorella.
Ricordo che con la complicità di mia cugina Marinella, che abitava al terzo piano di casa mia, l'attiravo con plausibili scuse all'interno di una squallida cantina.
Entrate dentro e scese lentamente le scale, spegnevo d'un tratto la luce.
Improvvisamente, nelle oscure profondità del desolato scantinato, appariva incredibilmente uno strano e misterioso essere svolazzante.
Agli occhi della sventurata vittima poteva davvero sembrare un orribile e spaventoso fantasma.
In realtà non era nient'altro che un frusto bastone spezzato, ricoperto da mia cugina con un consumato lenzuolino bianco che poi faceva volteggiare nell'aria.
Così, mentre la piccola piangeva di paura, mia cugina ed io, invece, sghignazzavamo contente e appagate per la perfetta riuscita del piano.
Si trattava di semplice sadismo innato o forse il semplice prodotto di una sopravvivenza difficile?
È forse per il difficile sopravvivere che alcuni bambini, innocenti alla nascita, si trasformano, con l'avanzata degli anni, in esseri perfidi e malvagi?
Era forse per questi motivi che in certe occasioni mi comportavo così crudelmente?
Una cosa era certa, almeno per me: tutte le volte che commettevo azioni sgradevoli e antipatiche alla fine, per i miei assidui sensi di colpa, ne rimanevo spiacevolmente provata.
E se pentita chiedevo scusa per le mie colpe commesse, invece a me mai nessuno ha fatto lo stesso.
Mai nessuno mi ha chiesto scusa per il male a me inflitto.
Tuttavia ho perdonato lo stesso.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora