Capitolo 83

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Sebbene mi fossi più volte imbattuta per le avverse insidie di un malvagio destino, ad ogni modo non volevo che si parlasse di me come un caso penoso e miseramente angosciante.
Umanamente parlando, considerando tutto ciò che il mondo, ogni giorno, ampiamente ci dimostrava, riportando alla luce fatti, commenti e reperti, generalmente molto forti e crudeli, mi sembrava effettivamente poco opportuno e spropositato parlare di me e delle mie sconsolanti vicissitudini.
Di fronte alla visione concreta di morte, fame, guerre, e alla sofferenza e disperazione di tante creature, vittime innocenti, era senza dubbio più giusto, doveroso, certamente più coscienzioso, non dire nulla, preferendo il silenzio.
Orrore.
Illimitata moltitudine di immagini trude e brutali.
Paesaggi apocalittici tangibili e inquietanti.
Dinnanzi a tutto ciò era senz'altro meglio tacere, pensare, valutare e riflettere.
E se talvolta dai miei occhi traspariva una profonda tristezza, affratellata da una sorta distinta di amara e cruda desolazione, strascico indiscusso di un passato remoto non troppo cordiale e per nulla gradito, tuttavia non era quella stessa tristezza che trapelava dai volti prostrati di tanti bambini più sfortunati di me.
Sguardi stanchi e provati dove palesava un qualcosa di più devastante, catastrofico, traumatico, scioccante, patetico.
Sui loro faccini scavati, gravosamente segnati da un complesso dannato di influssi nefasti, era su di essi prepotentemente inciso e marcato l'impronta estenuante di innumerevoli, interminabili, inevitabili, allucinanti sofferenze.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora