Effettivamente eravamo due piccole furie scatenate, due uragani sconvolgenti, causa di disordine e scompiglio ad ogni nostro possibile ed imprevedibile passaggio.
È di questo fortuito passaggio che mia zia temeva soprattutto.
La sua abitazione era perfettamente arredata con buon gusto, eleganza e precisione.
Ogni cosa era posta diligentemente con ordine e perfezione. Ai miei occhi si presentava straordinariamente irresistibile, il paradiso ideale per i miei giochi fantastici.
Accuratamente costruita su due piani, era situata in una via ristretta del paese.
Si accedeva al suo ingresso, fosco e buio perché privo di finestre, tramite un portoncino lievemente sconquassato.
Una stretta scala, con gradini in pietra, conduceva dall'ingresso al piano superiore.
A sinistra era collocato un piccolo bagno e a destra un'accogliente sala da pranzo che ospitava: un tavolo con sedie, una grande dispensa per stoviglie e provviste, uno scaffale in noce, sul quale erano scrupolosamente deposti conserve e confetture preparate da zia Checchina con costante passione, ed un ampio divano letto rivestito di morbida pelle nera.
Il primo piano comprendeva anche di un cucinotto e di una stanza da letto, che dell'arredo ricordo comunque ben poco perché zia non ci permetteva assolutamente di entrare al suo interno.
Il secondo piano, al quale si giungeva per mezzo di una scala interna, era composto da un semplice bagno, tuttavia di grande effetto perché giocato da un abbinamento bianco e blu di pavimenti, piastrelle ed accessori vari, e la stanza degli ospiti, quella dove i miei genitori solitamente dormivano.
Era piccola ma confortevole, ammobiliata di pochi elementi giovevoli ed efficaci: un comodo e moderno letto matrimoniale, un armadio, una scrivania ed un comò sul quale era posato un ventilatore perfettamente posizionato in direzione del letto, opportuno sia per areare il locale durante le ore più calde, sia per provare quel senso di vero benessere nel sentire un venticello leggero sfiorarti la pelle.
Era sicuramente per i miei genitori il posto ideale e necessario per riposare e riprendersi dalle pressanti fatiche dell'inverno.
Tutto era rigorosamente perfetto, tutta la casa lo era, ma io ero attratta non dalla perfezione in quanto tale, infondo è risaputo che ai bambini è preferito il disordine all'ordine, ma ero attratta da quelle scale, quelle porte, quelle stanze, tutti quegli elementi e luoghi perfetti per giocare, saltare, correre e nascondersi.
Il mio era un continuo aprire la porta, sbattere la porta, salire le scale, riaprire un'altra porta, risbattere la porta, risalire altre scale. Oppure saltare sul letto, saltare sul divano, saltare giù dalle sedie, correre in bagno, correre per le stanze, nascondersi nelle stanze, nascondersi dietro le porte e così via... tutto perfettamente congeniale per mandare fuori dai gangheri mia zia.
Per fortuna tutto ciò accadeva sporadicamente, o quando nonna ci portava a far visita alla zia, o quando arrivavano mio padre e mia madre da Milano.
Ad ogni modo non restavamo mai durante la notte per dormire, ma ritornavamo sempre a casa di zia Angelina.
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L'Illusione di un padre
General FictionTRATTO DA UNA STORIA VERA. I NOMI SONO CAMBIATI PER PRIVACY. La vita, alla piccola Emily, non le ha mai regalato nulla. Le ha sempre tolto e mai dato. Orfana di madre alla sola età di 7 anni, molte cattiverie, avversità e costanti soprusi ha dovuto...