Capitolo 67

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Più che impossibili, direi che fossero assurdi, strani.
Inverosimili da credere e da vedere.
Infatti quello che ai miei occhi appariva incredibilmente assurdo, strano e per l'appunto inverosimile, era il modo in cui riuscivano ad intendersi e dialogare nonostante la loro chiara, limpida e indubbia avversione reciproca.
Come potevano ridere e scherzare se l'astio tra loro era così forte e imperverso?
Che Agata fosse una bravissima commediante, l'avevo già da tempo capito.
Faceva sfoggio di ogni sua risorsa pur di ottenere, conquistare o raggiungere un suo obiettivo.
Con mio padre c'era riuscita perfettamente.
Interpretando e fingendo la parte della brava ragazza, dolce e bella, ma povera e sfortunata, l'aveva in questo modo sedotto e abbindolato.
Ma si comportava così con tutti.
Era capace di ammaliare chiunque.
Naturalmente chiunque lei volesse intorno a sè.
Era Agata che decideva sempre con chi uscire, con chi stare o con chi intrattenersi a parlare.
Era sempre Agata che decideva chi si doveva o non si doveva frequentare; chi si poteva ospitare in casa o chi non ci doveva assolutamente entrare.
Decideva e faceva tutto e sempre lei.
Si faceva sempre tutto quello che voleva lei.
Agata era il tormento, il turbamento, l'ansia, la depressione, il tumulto, la frustrazione.
Era un essere turbolento.
Un complesso cavilloso di gioia e tribolazione.
Un caso calamitoso di intemperie e devastazione.
Era lo specchio emblematico del genere umano.
I mille volti riflessi delle creature viventi.
Il dottor Jekill e il Mr Hyde della situazione.
L'ambiguità per eccellenza.
Temevo questa sua doppia personalità e dei suoi sbalzi d'umore, dei suoi cambiamenti improvvisi, solitamente diffidavo.
Dubitavo di lei e di tutti i suoi atteggiamenti ad un tratto carini, gentili, cortesi.
Agata era imprevedibile.
Da lei potevi aspettarti di tutto.
Poteva ferirti, umiliarti, non parlarti per giorni e giorni; oppure divertirti, rallegrarti, ricoprirti di attenzione e di doni.
Ma sia ben chiara una cosa, non era generosità o benevolenza la sua.
Agata non faceva mai niente per niente.
Insensibile ed imperturbabile com'era, ogni suo atto, ogni suo gesto, era perfettamente mirato e finalizzato ad un qualcosa.
Agata era dunque per me una figura diabolica.
Un incredibile ed insolubile rompicapo intricato.
Un groviglio ingarbugliato di complicata matassa, dove risalirne al bandolo, ossia al bandolo della sua mente contorta, era per me praticamente impossibile.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora