Capitolo 114

68 3 0
                                    

Rientrata a Milano, la persona che per prima ascoltò le mie devastanti disavventure fu la madre di mio padre, nonna Emilia.
Il nome lo presi difatti da lei.
Ma a parte il nome, nonna ed io avevamo ben poco in comune.
Diciamo pure che caratterialmente eravamo completamente diverse.
Nonostante le sue infelici vicissitudini, nonna Emilia era una donna allegra, vivace, solare, briosa e, anzitutto, molto sicura di sé. Sempre pronta ad operare per gli altri, ma che gradiva che gli altri non si occupassero di lei.
Libera e autonoma, preferiva non dipendere da nessuno.
Nonna Emilia abitava in una vecchia casa di ringhiera disposta proprio sopra il magazzino di mio padre.
L'appartamento era molto piccolo e inadeguato, soprattutto perché sprovveduto di servizi e comodità necessarie.
Un cucinotto dotato minimamente di lavello, cucina, frigo e una miserevole dispensa.
Un soggiorno composto da una tavola rotonda coronata da cinque sedie consunte. E un accomodante stanza da letto, umile, semplice, ma graziosa e confortevole.
Il bagno si trovava, invece, esposto all'esterno della vieta abitazione.
Una specie di turca obsoleta, scomoda e poco allettante.
Ma a nonna andava bene così.
D'estate o d'inverno.
Con il caldo o con il freddo.
Con il sole, con la pioggia, con la nebbia o con il gelo, a lei nulla importava.
Nonna era abituata a ben altre intemperie. Perturbazioni sconvolgenti che avevano devastato pesantemente la sua vita.
Ma che comunque l'avevano resa più forte, irremovibile, rigida e combattiva.
Vedova.
Cieca ad un occhio, conseguenza di un tumore.
Due interventi allo stomaco a causa di una confermata negligenza dell'equipe ospedaliera.
Durante la prima operazione avevano sbadatamente dimenticato una impercettibile, minuscola e insidiosa garzina. E poi la guerra,  la miseria, delusioni, falsità, tradimenti.
Ma niente di tutto ciò l'aveva mai sopraffatta. Nonna era un osso duro e difficile da battere. E di questo, Agata, ne era ben consapevole. Seppure agguerrita guerriera, tuttavia anche nonna disponeva dell'inequivocabile tallone d'Achille.
Nonna aveva un amore spropositato per mio padre.
Figlio unico e tanto desiderato, avrebbe fatto di tutto per lui.
Avrebbe sacrificato pure se stessa.
Sarebbe scesa addirittura ad ogni aborrito compromesso pur di difendere e mantenere il buon nome del figlio.
Nonostante la sua esplicita e distinguibile  invalidità, nonna non perdeva mai un giorno di lavoro al mercato, pur di rimanere affiancato a suo figlio per non lasciarlo solo.
Quindi guai a toccarle mio padre.
Era lui il punto cardine e debole di tutta l'esistenza di nonna.
Nonna Emilia disprezzava alla grande Agata. La considerava una poco di buono.
Più volte si era scontrata duramente con lei, a tal punto di mettere a rischio il suo stretto e stabile legame con mio padre.
Proprio per questo, per prevenire l'inevitabile, decise che era meglio, per lei e per tutti, deporre pacificamente le armi.
Suo figlio era l'unica persona cara che le era rimasta vicino.
Non poteva arrischiarsi di perdere, alla fine, anche lui.
Così persino nonna, come tanti altri, cadde vittima indiscussa delle ingegnose manipolazioni di Agata.
Come non detto...
In qualunque battaglia, chiunque fosse il nemico, Agata ne usciva sempre e comunque incomparabile vincitrice.

L'Illusione di un padreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora