Con la riapertura delle scuole, la mia vita riprese regolarmente.
Agata era talmente presa dai propri impegni che non aveva tempo e soprattutto voglia di occuparsi di Luciana e me.
Doveva pensare al trasloco, alla sua gravidanza, a come sarebbe cambiata la sua vita con la nascita di un figlio.
Come poteva pensare anche a noi?
Ma non era questo di certo il problema.
Ero abituata alle sue costanti disattenzioni.
Il vero problema consisteva invece nelle conseguenze di queste disattenzioni.
Ricordo che durante una visita medica sanitaria, che avveniva abitualmente a scuola all'inizio dell'anno scolastico, vennero riscontrati, tra i miei folti e ricci capelli, dei schifosissimi pidocchi.
Il mio imbarazzo fu immediato.
Com'era possibile?
Perché proprio a me?
Nell'arco di pochissimi attimi affiorarono nella mia mente sequenze e immagini inquietanti.
Un susseguirsi di molteplici e cattivi presagi.
Immaginavo le facce, gli sguardi, le risa di tutti.
Compagni di classe e di scuola compresi.
Come si sarebbero comportati con me?
Mi avrebbero evitato, schifato, schivato.
Mi avrebbero derisa e presa in giro?
Ed io dovevo invece fare finta di nulla?
Travolta da tutti questi timori, presa da un impeto disperato, improvvisamente cominciai a piangere.
Il medico, vedendomi così afflitta e sconsolata, cercò di consolarmi in maniera tenera e affettuosa dicendo che nulla di così terribile era accaduto, che niente era successo di talmente grave da non poter rimediare.
E che non avevo alcun motivo per essere così triste e abbattuta.
Nonostante le belle frasi e parole consolatrici, tuttavia continuavo a rimanere tesa e preoccupata.
E se si fosse saputo in giro?
Ero talmente disperata che, alla vista di nonna Lucia, chiamata dalla scuola per venirmi a prendere, scoppiai un'altra volta a piangere ininterrottamente.
Anche mio padre, a modo suo, cercò di attenuare la mia sofferenza.
Come suo solito scherzandoci sopra.
Mi raccontò che ai suoi tempi pure lui, come tanti altri bambini, aveva convissuto con gli antipaticissimi pidocchi.
Eppure nessuno era mai stato deriso e umiliato per questo.
Anzi, loro si divertivano addirittura a cercarli e a schiacciarli.
Ma durante la seconda guerra mondiale, con le bombe che cadevano a pioggia, c'era tutt'altro per cui o di cui vergognarsi.
Succedevano avvenimenti senz'altro più sgradevoli e dannosi in confronto ai miei fastidiosi e insopportabili pidocchi.
Ma io guardavo il mondo dal mio punto di vista.
La mia realtà, era ben diversa da qualsiasi altra realtà.
Un piccolo problema diventava per me un enorme problema, un pesante macigno.
Ogni banale e semplice difficoltà diveniva per me un complicatissimo e insuperabile ostacolo.
Osservavo l'esterno con occhi puerili.
Di quello che vedevo, ne vivevo la vita.
Tutte le mie ansie, i miei dubbi, i miei plausibili tormenti, non scaturivano da un'unica e singolare circostanza, bensì da un complicato contesto di situazioni sgradevoli.
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L'Illusione di un padre
General FictionTRATTO DA UNA STORIA VERA. I NOMI SONO CAMBIATI PER PRIVACY. La vita, alla piccola Emily, non le ha mai regalato nulla. Le ha sempre tolto e mai dato. Orfana di madre alla sola età di 7 anni, molte cattiverie, avversità e costanti soprusi ha dovuto...