Francesca's Pov
Dovetti passare due lunghissime settimane in ospedale ma mi feci coraggio pensando che il coma non aveva avuto gravi conseguenze sul mio corpo. Non m'importava dell'aspetto ma di quello che avrei rischiato di non poter più fare se quell'incubo fosse durato a lungo. I medici dicevano che mi stavo rimettendo in fretta e che presto mi avrebbero anche fatta uscire ed io ne ero felice! Oltretutto avevo scoperto l'importanza di avere dei veri amici in questi momenti e quanto questi ultimi riescano a condividere con noi il peso della sofferenza per renederlo meno gravoso sulle nostre spalle. Avevo pensato spesso alla favola dei due "amici" e dell'orso. Forse non erano poi così amici se uno dei due si era nascosto fra le foglie per sfuggire a quell'orso abbandonando l'altro al suo destino. Io avevo avuto fortuna, avevo tanti amici e per fortuna tutti sinceri.
"Ehi Francesca, come ti senti?" chiese una giovane infermiera che mi aveva presa in simpatia.
"Ora va molto meglio, grazie" risposi.
"Molto bene piccola! Su coraggio, oggi è l'ultimo giorno di tortura! Sai che giorno è, Francesca?" chiese la giovane con un sorriso.
"È venerdì ed è il primo di agosto." risposi sconcertata.
"Sì, ma è anche il giorno in cui ti libereremo da questo carcere!" disse la donna. "Sei contenta, vero?"
"Sì, ma spero di incontrare lei e le persone che mi hanno aiutata in qualche altra occasione" risposi sorridendo.
"Ah, mi fa piacere piccola! Sei pronta per l'ultima tortura?" mi chiese lei.
"Pronta!" risposi con un sorriso.
"Oh, brava bambina!" disse lei. "Sai che per stare poco bene non ti lamenti molto spesso? Sei molto coraggiosa!"
Mi alzai dal letto e vidi che fuori dalla cameretta c'erano tutti i ragazzi.
"Ciao Francesca!" mi salutò Juan con un sorriso a trentadue denti.
"Ciao!" lo salutai sorridendogli di rimando.
"Di' un po', come ti senti? Va un po' meglio oggi?" chiese.
"Va alla grande!" risposi sorridendo.
"Hai saputo la grande notizia?" chiese Luigi.
"Sì, ho saputo!" risposi con un sorriso sincero e stavolta non accennato.
"Bene, allora fatti togliere l'ago così ce la filiamo!" disse Andrea.
"È già stato fatto tutto?" chiesi.
"Sì, ci ha pensato Gabriele!" rispose Denise.
"Posso accompagnare la mia amica?" chiese Laura rivolgendosi all'infermiera.
"Ovvio che puoi accompagnarla!" disse la donna conducendomi per l'ultima volta in quella sala dove ogni giorno andavo per farmi iniettare una medicina.
L'estrazione dell'ago (e non del lotto) fu più veloce e meno fastidiosa di quanto mi aspettassi.
"Vai piccola! Sei davvero una ragazza forte se ti sei ripresa così in fretta!"
Detto questo il dottore mi batté una mano su una spalla ma con delicatezza e dopo prese la mia mano e la strinse.
"Scappa piccola, gli altri ti aspettano!" disse l'infermiera. "Ci rivedremo, ma fuori di qui!"
"Arrivederci!" dissi con un sorriso. Quando ero felice non ero sempre timida e impacciata, per fortuna. Almeno questo!
Quando io e Laura uscimmo fui letteralmente sommersa dagli abbracci della mia famiglia acquisita e la cosa mi rese davvero molto felice. Uscii da quell'ospedale e ognuno si diresse a casa propria dopo i saluti e gli auguri.
Non so perché ci augurassimo buona fortuna ma in ogni caso ne fui felice.
"Come stai piccola?" chiese Gabriele.
"Non potrei stare meglio!" risposi e lui mi abbracciò e mi baciò dolcemente.
"Mi sono mancate queste labbra!" disse.
"Anche a me sono mancate le tue labbra, sai? T-tanto" risposi e come al solito la timidezza decise di fregarmi. Bene!
Andammo a casa a cambiarci, poi lui mi chiese: "Ti va di prendere un gelato?"
"Come riesci ad essere sempre così carino e a leggermi nel pensiero?" chiesi. "Ho una gran voglia di uscire e poi è da un bel po' che non prendo un gelato!"
"Molto bene, allora andiamo tesoro!" mi disse.
Okay, stavo per diventare liquida per quanto mi ero sciolta. Perché quando lui mi chiamava così la cosa mi faceva sempre lo stesso effetto? Perché mi accadeva sempre la stessa cosa, perché?
Andammo alla gelateria e una volta scelti e presi i gelati sedemmo su di una panchina per godere in tutto e per tutto l'allegria di quella giornata.
Da imbranata modello quale ero mi rovesciai addosso il gelato e mi macchiai la faccia.
"Oh, che imbranata che sono!" dissi.
"Per il gelato?" chiese Gabriele.
"Sì, per quello!" risposi.
"Non dire queste cose, piccola! Dai, rimediamo subito!" E detto questo mi aiutò a pulirmi la maglietta con un tovagliolo e per la faccia mi lasciò un bacio sulla guancia. Accidenti, che dolce!
"Ma adesso ti sei macchiato tu!" dissi.
"Per me non è un grande problema" disse lui.
"Posso togliertelo?" chiesi.
"D'accordo, grazie." rispose lui.
"E... potrei fare come hai fatto tu?"
"D'accordo, a me non può che fare piacere!"
Mi avvicinai a lui e lo baciai con un po' di timidezza. Lui capì ma non cercò di schiudermi le labbra. Credo sperasse che lo facessi spontaneamente quando sarei stata pronta per farlo. Era un piccolo passo, certo, ma per me era importante.
Solo lui conosceva le mie labbra e io volevo che fosse così, che solo lui le conoscesse, lui e nessun'altro. Quel bacio fu dolce e casto, ma al tempo stesso profoddo, come tutti gli altri.
Quando ci staccammo lui sorrise.
"Sei dolcissima piccola mia!" mi disse.
"G-grazie" balbettai, ma anch'io sorridevo.
Quando fu il momento di pagare io tesi il braccio per dargli il portafogli, ma lui mi trattenne.
"Questa è la tua giornata di festa dopo più di due settimane d'inferno e l'ultima cosa che devi fare è pagare!"
"Ma... mi dispiace... che..." balbettai.
"Non devi preoccuparji per me, piccola!"
Okay, l'ultima parola mi stava letteralmente entrando in testa e la mia voce interiore me la ripeteva di continuo. "Piccola, piccola, piccola!"
Lui tornò poco dopo e mi disse: "Non è ancora finita, piccola! C'è un'altoa sorpresa, ma devi promettermi di non sbirciare!"
Mi portai l'indice alle labbra e dissi: "Lo giuro!"
"Brava la mia Francy" disse Gabriele.
Mi prese per mano, si abbassò verso il mio orecchio e sussurrò: "Chiudi gli occhi!"
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Innamorata del mio fratello del cuore
Teen FictionIo e lui siamo quasi fratelli, anche se abbiamo genitori diversi. Il termine "frateellastri" mi sembra un modo conveenzionale per definire ciò che siamo. Ma io per lui provo qualcosa... "Non possiamo farlo!" dissi singhiozzando. "Siamo troppo vicini...