Francesca's Pov
Erano passate due settimane ed eravamo a luglio. Amelia si era abituata a stare in casa con noi e i miei la trattavano come una figlia.
Dico: "I miei" perché ormai per me Giorgio è come un padre.
Il problema è che in quel periodo Amelia aveva spesso degli incubi su sua madre e veniva a cercarmi. Il fatto che si fidasse di me mi rendeva felice, ma non mi piaceva che avesse degli incubi sulla sua mamma. Il fatto è che quegli incubi non erano vani e quella notte me ne sarei resa conto anche io.
Non riuscivo a dormire, udivo degli strani rumori provenienti dalla cantina e questo non mi piaceva affatto.
Mi alzai dal letto e uscii silenziosamente dalla mia stanza per evitare di svegliare gli altri.
Scesi le scale e mi diressi verso la scalinata che mi avrebbe condotta giù in cantina.
I gemiti divennero più forti e quando aprii la porta vidi una donna sdraiata sul pavimento, piena di lividi. Il suo viso era pulito, come il suo corpo, ma dalle ferite sgorgava sangue.
"Non farmi del male, ti prego!"
Quelle parole mi fecero gelare il sangue nelle vene. Chi l'aveva ridotta così doveva averla fatta soffrire molto.
"No, non ne ho intenzione, sul serio!" dissi. "Qui c'è una cassetta del pronto soccorso. Se vuole posso medicarla!"
"Allora sei un angelo!" disse la donna. "E io devo chiederti per favore di proteggere la mia bambina!"
"Io non sono un angelo." dissi.
Presi la cassetta del pronto soccorso e iniziai a medicare le ferite di quella povera donna.
"Le sto facendo male?" chiesi.
"No, no, non mi stai facendo nulla." rispose.
Quando ebbi terminato chiesi: "Posso fare qualcos'altro per lei?"
"Potresti darmi un po' d'acqua, per favore?"
"Acqua... sì... arriva subito!"
Afferrai un bicchiere e lo riempii d'acqua fino all'orlo.
Lei tentò di alzarsi sui gomiti, ma ricadde all'indietro. Vedendola in difficoltà mi avvicinai a lei per aiutarla e dissi: "Non si spaventi, voglio solo aiutarla a sedersi!"
Lei annuì debolmente e io l'aiutai a mandare giù quel liquido che le portò un po' di sollievo. Mi tolsi di dosso la vestaglia che avevo indossato per scendere giù in cantina e la misi a terra per farle poggiare la testa più comodamente.
"Ha freddo? Ha bisogno di una coperta?" chiesi spostandomi un po' visto che lei stava iniziando ad agitarsi.
"Sì. Ho un po' freddo" rispose la donna.
"Aspetti, vado a prenderle una coperta" dissi alzandomi e tornando in camera mia a prendere una coperta. Tornai in cantina e coprii la donna.
"Ora io devo andare, signora!" dissi.
"Tesoro, ti prego, cerca la mia bambina! Ho bisogno di rivederla! Ne ho bisogno!"
"Io le prometto che farò il possibile, ma lei deve dirmi qualcosa di sua figlia!"
"Lei somiglia a te, ma è molto più piccola! Ha più o meno sei anni ed io l'ho chiamata..."
Si fermò di colpo. Ero tentata di chiederle il nome di quella bambina, ma la donna scoppiò in lacrime e io non ebbi la forza di insistere. Quel pianto, però, mi aiutò lo stesso perché lei, tra un singhiozzo e l'altro, disse: "Amelia, dove sei?"
Volevo abbracciarla, ma avevo paura di farle male. Poi ricordai quello che aveva detto: la bambina si chiamava... Amelia!
Non so dove trovai la forza, ma balbettai una domanda: "E i-il p-padre?"
"Quell'uomo non è un padre! È solo un maledetto disgraziato! Mi ha abbandonata e me l'ha fatta ammalare! Quando gli ho detto della mia gravidanza lui mi ha colpita!"
Sentendo quella frase mi gettai a terra e scoppiai a piangere insieme a lei.
"Bambina mia... ma tu stai piangendo! Perché(" chiese la donna.
"Perché questo è successo anche alla mia mamma!" risposi.
"Scusami, non volevo farti piangere" disse.
"No, non si preoccupi. Io vivo con questo peso, a volte non lo sento nemmeno!"
"Per caso quell'uomo si chiama... Santiago("
Un senso di gelo invase il mio corpo. Santiago! Quel nome maledetto dal destino e dalle donne che per colpa sua avevano versato troppe lacrime.
"Santiago" sussurrai appoggiandomi una mano sulla fronte. La testa mi stava scoppiando. C'erano troppe cose che non capivo. Chi era quella donna in realtà?
"Sì, Santiago" ripeté lei. "È lui il responsabile di tutti i miei guai! Anche tuo padre si chiama Santiago?"
Annuii e proprio in quel momento diciamo che feci due più due. La madre di Amelia in realtà era viva, segregata nella cantina di casa nostra! C'erano tutti gli elementi che lo confermavano e io non riuscivo a trovare un'altra spiegazione.
"Io... io devo andare" mi decisi, "buonanotte!"
"Anche a te, cara!" disse la donna.
Io uscii dalla cantina e stavo andando in camera mia quando vidi Gabriele di fronte a me.
"Francesca! Ehi! È successo qualcosa("
"Possiamo andare in camera mia? Ti spiego tutto lì!"
"Va bene tesoro mio, andiamo!"
Andammo al piano di sopra e una volta arrivati in camera mia io chiusi piano la porta e sedetti sul mio letto.
"Gabriele... mi è successa una cosa un po' strana" iniziai.
"Cosa di preciso?" chiese Gabriele.
"Vedi... ho incontrato una donna nel nostro scantinato!"
"Una donna?" Gabriele assunse la mia stessa espressione sconvolta.
"Sì, una donna" ripetei. "Era piena di ferite e mi ha detto di proteggere sua figlia. Beh, questa figlia ha sei anni e si chiama Amelia."
Dissi quelle parole abbassando il più possibile il tono della voce.
"E il padre di quella bambina?"
"Il padre di quella bambina è stato tanto perfido da lasciarla sola e dopo l'ha sequestrata! Il nome del padre è... Santiago!"
Gabriele continuò a guardarmi interdetto. Non sapevo cosa fare o pensare.
"Questa donna somigliava ad Amelia?" chiese Gabriele.
"Beh... un po' sì" risposi, "ma forse Amelia ha una foto della sua mamma. Questo ci aiuterebbe molto ed io spero che non le dispiaccia farci vedere la foto!"
"Nel caso in cui ce l'abbia."
"Beh... forse dovremmo aspettare domani e chiederglielo per... per esserne sicuri!"
"D'accordo, ma ora spiegami perché hai gli occhi rossi! Ti ha detto o fatto qualcosa?"
"No, è che... è che quando sono andata a portarle una coperta lei mi ha raccontato la sua storia e io mi sono sentita uno straccio!"
Lui si alzò e si avvicinò a me per abbracciarmi.
"Sta tranquilla tesoro, non ti agitare! Se vuoi aiutare quella donna io ti starò accanto e insieme risolveremo tutto!"
Quelle parole mi offrirono un enorme conforto.
"Ora sdraiati e riposati, devi essere stanca!"
Obbedii e lui, per salutarmi, mi baciò la fronte.
"Sogni d'oro!"
"Anche a te!"
Pochi minuti dopo ero nel mondo dei sogni, sempre che quelli che feci potessero essere definiti in questo modo...
Era l'alba quando sentii qualcuno bussare alla porta.
Mi alzai e andai ad aprire.
"Sorellina..."
"Cosa ci fai qui, tesoro?"
"Ho avuto un altro incubo" rispose lei. "C'era la mamma che piangeva e papà che la trattava male!"
"Tesoro... ma tu sai com'era la tua mamma?" chiesi.
"Sì. Quando ero piccola zio Rocco mi ha dato una foto!"
"Vuoi farmela vedere?" chiesi.
Lei annuì e tirò fuori dalla tasca una foto.
Presi tra le mani la foto e la guardai: era proprio lei! La madre di Amelia era ancora viva ed era nella cantina di casa nostra!
"È lei! dissi con un filo di voce, "è lei..."
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Innamorata del mio fratello del cuore
Teen FictionIo e lui siamo quasi fratelli, anche se abbiamo genitori diversi. Il termine "frateellastri" mi sembra un modo conveenzionale per definire ciò che siamo. Ma io per lui provo qualcosa... "Non possiamo farlo!" dissi singhiozzando. "Siamo troppo vicini...