Capitolo 132: Tutta la verità

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Francesca's Pov
Quando mi svegliai sentivo Gabriele ed Erica accanto a me. Li sentivo accarezzarmi le guance. Sapevo che volevano starmi vicino, perché sapevano bene che per me trovarmi di fronte a mio padre era un motivo di ansia.
"Tesoro, sei sveglia? Mi senti?" chiese Gabriele.
Mi limitai ad annuire, ma se avessi fatto un cenno con la mano avrei fatto molto meglio... avevo un dolore lancinante alla testa, ma avevo paura che per mio padre, o per Santiago visto che non sapevo più in che modo fosse meglio chiamarlo, il tempo fosse troppo poco e che se avessi dato ascolto al mio corpo non avrei realizzato il suo desiderio. Anche se non era il padre per eccellenza, o meglio: non poteva essere definito padre, in fondo c'era comunque qualcosa di piccolo che ci teneva legati l'uno all'altra.
"Portatemi all'ospedale, vi prego..." dissi cercando di non piangere. Non volevo cedere... perlomeno non in quel momento.
"Te la senti, tesoro?" domandò Erica aiutandomi ad alzarmi.
"Santiago sta male... non so cos'abbia e se fosse qualcosa di grave ce l'avrei con me stessa a vita per non aver voluto vederlo!"
"Va bene. Dai, andiamo." disse Gabriele prendendomi per mano e portandomi con sé.
Durante il tragitto in auto non facevo altro che intrecciarmi le dita tra loro ed accarezzare il mio ventre, nel quale sapevo che si trovava la mia creatura. Una volta arrivati Gabriele mi si avvicinò e mi chiese: "Riesci a camminare?"
Annuii, scesi dall'auto cercando di non tener conto dell'emicrania e mi diressi verso l'ospedale. Chiesi informazioni sul numero della stanza in cui si trovava Santiago e un'infermiera, avendo capito chi ero, fu tanto gentile da indicarmela e, vedendo il mio stato di shock, mi ci accompagnò personalmente.
All'entrata della stanza c'erano due poliziotti che, avendomi riconosciuta, mi fecero passare, ma prima di lasciarmi andare mi dissero che se avessi avuto bisogno d'aiuto mi sarebbe bastato gridare.
Entrai esitante nella stanza e mi avvicinai al letto sul quale era sdraiato mio padre. Quell'uomo in quel momento mi sembrava fragile e indifeso, al punto che provai compassione per lui. Un uomo che, anche se in maniera negativa, di energia ne aveva parecchia, ora aveva delle flebo e un macchinario che controllava il suo funzionamento cardiaco. Quel rumore fastidioso che emetteva quell'arnese mi fece rabbrividire, ma, respirando profondamente avanzai comunque verso il letto.
"Francesca, sei venuta!" disse lui in un sussurro. Faceva fatica a parlare, l'avevo notato.
Lo guardai: aveva vari lividi ovunque e un sopracciglio spaccato. Capii cosa gli era successo: in carcere si era scontrato con qualcuno dei detenuti, anche se non avevo la più pallida idea del motivo che aveva portato la situazione a quel punto.
"Ti prego, non sforzarti" dissi avvicinandomi e stringendogli leggermente una mano, azione che interruppi non appena vidi che sul suo volto si era formata una smorfia che parlava chiaro: aveva il braccio rotto, cosa che mi fu confermaquandot vidi l'ingessatura che lo copriva fino a poco prima del punto nel quale era inserito l'ago della flebo.
"Chi ti ha ridotto in questo stato?" chiesi. Per la prima volta da quando lo conoscevo, anche solo di nome, ero preoccupata.
"Ho avuto un litigio con un padre di famiglia che, conoscendo la mia storia, mi ha dato addosso. Io l'ho provocato, lui è partito in quarta e ora siamo ridotti l'uno peggio dell'altro. Ho voluto vedere te perché sei la sola persona che potrebbe avere la forza di perdonarmi prima che io me ne vada..."
Notai che aveva anche un segno proprio al lato sinistro del collo, piuttosto profondo, e non appena notai il macabro dettaglio mi si bloccò il cuore.
Una coltellata!
"C'è stata una colluttazione ed io sono caduto sul coltello che ora finito per terra." mi spiegò, avendo probabilmente notato che stavo osservando quel taglio che, per quanto potessi capirne, mi sembrava abbastanza profondo.
I brividi scossero tutto il mio corpo e delle lacrime mi bruciarono le guance.
"No! Ti prego, non piangere... non lo merito!"
"Non sforzarti, ti prego" dissi asciugandomi le lacrime, "andrà tutto bene, chiaro?"
"Ascoltami cara... io devo dirti la verità" mi disse e, per la prima volta, vidi i suoi occhi traboccare di lacrime come avevano fatto i miei solo pochi istanti prima. "Sia tua sorella Valentina che tua cugina sono vive... solo che io ho distrutto sia la tua mamma che tua zia e... ed ho reso la vita impossibile a tua cugina Valentina, mentre tua sorella, la gemella... l'ha adottata un medico quando ha scoperto che in realtà era ancora viva... e poi... sono stato io a spararti, perché volevo togliere di mezzo Gabriele. Non volevo che tu fossi felice..."
Sentiil mio cuore arrestarsi nuovamente a quella notizia. Mia cugina, che in realtà altri non era che un'altra mia sorella, figlia di mio padre e mia zia, era viva, come lo era anche la mia gemella, e lui aveva reso tutte quelle vite... un vero inferno!
Inoltre aveva cercato di uccidere l'unico uomo esterno alla mia famiglia del quale mi ero fidata subito e aveva rischiato di ammazzarmi per arrivare a questo! Non ci potevo credere!
"No..." fui in grado di sussurrare. Sentivo la testa girare e istintivamente mi coprii il ventre con le braccia. La mia cratura non avrebbe sofferto com'era successo alla mia famiglia per il divertimento di quell'uomo dal volto che sembrava fatto di cera per quanto era pallido.
"E com'è possibile che la zia non ti abbia riconosciuto quando hai picchiato mia madre?" chiesi. Avrei voluto gridargli contro tutta la rabbia che provavo, ma fu questione di un istante. Lo guardai ancora.
Mi bastò quello sguardo veloce.
Anzi, mi bastò sentire la sua voce strozzata dal dolore. Fu quello a straziare il mio cuore e a distruggere la mia rabbia.
Mi bastò questo per provare pena per lui.
"Ti prego... perdonami..." mi disse, e subito dopo vidi che i punti di sutura che aveva sulla pelle del collo erano sul punto di saltare via.
Vidi del sangue scorrere dalla ferita aperta e gli occhi di Santiago si chiusero, mentre quel marchingegno che controllava la sua attività cardiaca sembrò impazzire improvvisamente.
Non potevo permettere che se ne andasse in quel modo, non dopo il radicale cambiamento che aveva avuto. Non potevo permetterlo a prescindere dato che, anche se non era un padre, in fondo era stato anche lui a concepirmi, nonostante mi avesse rinnegata da prima della mia nascita.
"AIUTO! QUALCUNO MI AIUTI!" gridai terrorizzata. "SALVATELO!"

Innamorata del mio fratello del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora