Capitolo 124: Amore eterno

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Tommaso's Pov
Ora sapevo come comportarmi per fare una cosa decente almeno una volta: dovevo costituirmi.
Quando avevo visto gli occhi di quella ragazza pieni di lacrime avevo avuto un colpo al cuore. E la cosa peggiore era dover constatare che la colpa era soltanto mia. Il mio modo di essere, le mie minacce, le mie ingiustizie nei suoi confronti, tutto questo l'avrebbe portata alla disperazione o all'irrigidimento del suo cuore.
Per fortuna lei era riuscita a sopportarne talmente tante da non diventare una ragazza fredda.
Arrivai al commissariato e, trafelato, mi gettai letteralmente all'interno del posto. Attesi qualche minuto, poi mi fecero entrare.
"Signor commissario" dissi, "sono Tommaso Corinto, l'aggressore di Luigi De Biase. Sono venuto a costituirmi."
Francesca's Pov
"Francesca... io dovrei dirti una cosa... che non ti ho mai detto."
Le sue parole mi colsero alla sprovvista. Non sapevo se temere che anche lui tradisse la mia fiducia o chissà cos'altro.
"Dimmi" lo esortai.
"No, non qui" ribatté lui, "preferisco andare in un posto più tranquillo."
I suoi occhi non esprimevano preoccupazione, bensì tristezza.
Mi portò sulla spiaggia, afferrò una sdraio che aveva preso non so dove e mi ci fece accomodare.
"Ehi! Che ti succede?" chiesi preoccupata.
"Beh, ecco... oltre te io ho amato un'altra persona in questo modo" mi disse tutto d'un fiato.
Vidi che stringeva ripetutamente gli occhi e capii cosa stava per succedere.
"Se rispettare i canoni ti fa male non farlo, almeno non con me" gli dissi. "Non sopporto che per una questione di forma la gente debba soffrire!"
Era vero. Io riuscivo a controllare la rabbia, ma lo facevo più che altro per scrupolo di coscienza perché dopo i sensi di colpa mi avrebbero dato il tormento, ma le lacrime no. Quando si è tristi non ci si può sentire in colpa. Sarebbe davvero troppo!
"Se non me ne vuoi parlare io non voglio costringerti" gli dissi.
"No, non mi stai obbligando. Sono io che lo voglio, amore mio! Ho giurato che se avessi incontrato una donna con la quale condividere il resto della mia vita le avrei raccontato tutto quello che ho provato quando ho perso la mia Valentina e la dinamica della storia. Tu sei quella donna che cercavo e se ti va... io vorrei condividere questo con te."
"Se questo può farti bene io sono felice di aiutarti, lo sai benissimo!"
Lui prese un respiro profondo e iniziò a raccontare.
"Vedi, ero un ragazzo di quindici anni quando ho conosciuto la ragazza in questione e mi ha colpito fin da subito perché... perché lei era diversa dalle altre: timida e riservata, come te! Ho cercato di creare un rapporto d'amicizia tra di noi e c'ero riuscito, ma poi... poi ci siamo innamorati reciprocamente e una notte... beh... ci siamo promessi definitivamente l'uno all'altra.
Suo padre era un uomo dal cosiddetto pugno di ferro e non avrebbe mai accettato che sua figlia stesse con un ragazzo comune come me essendo molto ricco. Io volevo parlargli, ma lei insisteva col dire che non era il caso. Sta di fatto che lui vide che la stavo riaccompagnando a casa e comprese che stavamo insieme.
Iniziò ad insultare Valentina e arrivato al limite dell'ira le mise le mani addosso! Giuro che non so cosa gli avrei fatto, te lo giuro, ma istintivamente mi avvicinai a lei per proteggerla da lui. Provavo un senso di ribrezzo al solo guardarlo e mi chiedevo come un uomo tanto duro potesse aver generato una creatura tanto buona e dolce... non ci credevo!
Qualche tempo dopo lei scoprì di aspettare un bambino, ma la reazione di suo padre fu la medesima della volta precedente e... e quella creatura si ritrovò ad avere la... la tua stessa malattia.
Valentina fuggì di casa ed io la ospitai nella mia come potevo: ero pronto a fare il mio dovere e felice di farlo.
Quell'angioletto, però, come ci fu augurato dal padre di Valentina, non poté nascere per colpa di quella malattia che lo consumò prematuramente e poco tempo dopo mi portò via anche sua madre.
Il padre non si sarebbe presentato ai funerali di sua figlia se la moglie non gli avesse fatto recuperare un po' di cuore e quel giorno fui io a dargli uno schiaffo per quello che era successo a sua figlia. Mi sento colpevole, è vero, ma non ho potuto evitarlo, era veramente troppo da sopportare!"
Le lacrime iniziarono a rigare di nuovo anche il mio viso e io lo abbracciai più forte. Lui aveva sofferto moltissimo e non lo meritava: si sarebbe fatto in quattro per suo figlio se ne avesse avuto uno e ugualmente per sua madre.
Il padre di quella ragazza aveva agito come il mio, solo che l'aveva fatto per intransigenza.
"Gabriele, tu... tu non hai colpa! Non hai nessuna colpa!"
"Invece una ce l'ho, Francesca" disse pacatamente lui.
"E di che cosa? Di aver amato troppo Valentina al punto tale da non riuscire a cancellarla dal tuo cuore?" gli chiesi.
"No, quella di non aver detto a quell'uomo che non aveva alcun diritto di farle del male, per quanto potesse essere suo padre non era il suo padrone!"
"Ci hai provato Gabriele, ma la rabbia che ti spinge fino a quel punto non conosce ragioni, capisci?"
"Sai, stanotte l'ho sognata" mi disse, "io avevo in mano una tua foto e lei mi diceva: "È lei! È lei"!"
Indicò un punto lontano e aggiunse: "Sai, avrei voluto farti vedere la casa in cui saremmo andati ad abitare. Ci avremmo messo un po' ad arrivare in città, ma io credo che ti sarebbe piaciuta perché si trova vicino al mare. Però... beh... forse tu mi considererai una specie di traditore..."
"No, cosa dici? Il solo fatto che tu abbia scelto me per condividere questo segreto doloroso mi rende felice. E sai una cosa? Se un giorno dovessimo avere una bambina... a me piacerebbe che si chiamasse così: Valentina! Sai, è anche il nome di... di mia... sorella."
"Tua sorella?" ripeté lui, sorpreso.
"Sì. Ecco, vedi, il fatto è che... mia madre aspettava due gemelle da mio padre e decise di chiamarne una Francesca e l'altra Valentina. Quando nascemmo, però, accadde qualcosa che non so esattamente... sta di fatto che l'altra bambina non superò la notte e mamma diceva sempre: "La mia Valentina! Perché hai portato via la mia Valentina, Dio mio, perché l'hai portata via, perché"?"
Ricordai il viso di mia madre contratto in un'espressione di sofferenza mentre mi raccontava quella storia.
"Sarebbe... un bel modo per rendere omaggio alle persone che sono andate via" disse Gabriele.
"Posso... posso farti una domanda?" chiesi con esitazione.
"Certo, dimmi."
"Quella creatura che aspettavate tu e Valentina... veniva chiamato come tutti chiamano me?"
Quella parola mi dava la nausea e avrei risposto a suon di ceffoni a chiunque mi aveva chiamata con quel nome maledetto.
Gabriele's Pov
Mi accigliai al suono di quella parola detta dalla voce di quell'uomo.
Quante volte la mia piccola era stata chiamata in quel modo orribile solo perché un uomo privo di cuore aveva lasciato da sole lei e sua madre per... per continuare con le sue porcherie!
Pensai alla creatura che aspettavamo io e la mia povera Valentina e provai dolore al solo pensiero di quella voce che continuava a ripetere quella maledettissima parola. Perché i figli avrebbero dovuto pagare per gli errori dei loro genitori?
"Sì, anche lui" le risposi amaramente.
"Oh no! Perché deve sempre finire così, perché? Non è giusto!"
L'espressione del suo volto diceva chiaramente che lei aveva sofferto moltissimo nella sua vita.
"Piccola, no!" dissi vedendola agitarsi. "Non è il caso che ti agiti, credimi! Tu non sei colpevole e tua madre ancora meno. Il suo unico sbaglio è stato amare un mostro, ma ha tirato su una figlia dolce, gentile, meravigliosa e la cosa più importante è che questa figlia è la... la donna della mia vita!"
La presi sottobraccio e ci dirigemmo verso il treno. Salimmo su di esso e io vidi la mia povera Francesca nascondere il viso sotto la maglietta per nascondere le lacrime. Io le strappai la maglia dal viso.
"Non voglio che tu ti nasconda" le dissi. "Per favore piccola, non nasconderti solo perché non vuoi che la gente ti veda fragile!"
Non sapevo chi le avesse messo in testa che non doveva mostrare il suo dolore. Non che dovesse sbandierarlo ai quattro venti, ma ci sono delle volte in cui sfortunatamente... non ci si può controllare.
Francesca's Pov
Mi venne in mente un giorno in cui un gruppo di ragazzi mi prese in giro perché ero la cosiddetta figlia illegittima e la cosa peggiore fu il fatto che non si limitarono a deridere me, ma toccarono anche mia madre. Io strinsi il banco con entrambe le mani e scoppiai in lacrime dopo l'ennesimo insulto.
"Tu non hai alcun diritto perché sei una..."
Gabbriele mi risvegliò dai miei pensieri dicendomi che eravamo arrivati e una volta scesa dal treno lui mi bendò gli occhi e chiese: "Ti fidi di me principessa?"
"Sì, mi fido."
Lui mi condusse stringendomi la mano e arrivammo dopo qualche minuto.
"Okay, ora ti sbendo" mi disse dolcemente.
Mi tolse la benda e disse: "Eccoci a casa! Sei pronta?"
"Prontissima!"
Gabriele aprì la porta e io mi affacciai alla soglia dell'abitazione.
La casa era bellissima, grande ma arredata semplicemente e da ogni finestra si poteva vedere il Mare, dal quale inoltre si poteva accedere dal giardino. C'era una stufa per l'inverno e tutto era predisposto sia al caldo che al freddo. La casa era pulita e sembrava brillasse.
"Ti piace?" mi chiese.
"Sì, mi piace!"
"Questa sarà la nostra nuova casa... se tu lo vorrai, è chiaro."
"Io? Beh... sì che lo voglio!"
Lo abbracciai. Fu un gesto istintivo, sincero.
Eravamo distesi sul letto e lui mi accarezzava la schiena e mi diceva: "Ti amo", tra un bacio e l'altro.
Le sue braccia cinsero i miei fianchi e lui sfiorò la mia pelle sotto i lembi della mia maglietta.
"Gabriele, io... io ho paura" dissi capendo cosa sarebbe successo di lì a poco. "Però..."
"Ehi! Se non vuoi che quello che pensi accada oggi... io ti rispetto! So che ti vergogni, sei diventata rossa!"
"Io... io voglio prometterti che ti amerò per sempre, ma ho paura. Comunque sappi che io non ti farò del male! Davvero!"
"Neanch'io ti ferirò mai. Non spontaneamente, almeno! Tu sei la cosa più bella che mi sia mai accaduta nella vita."
Gli sorrisi e ci baciammo nuovamente. Con le mani tremanti sfilai la maglietta, ma subito dopo istintivamente mi coprii con le braccia.
"Non te la senti?" chiese.
"Sì... perché tu mi hai promesso che non mi ferirai! Io non mi fido spesso dele persone... ma di te sì!"
I nostri abiti scivolarono via dai nostri corpi e si trovarono a terra, ammucchiati come vecchi stracci.
Quella notte fu la più bella di tutta la mia vita. Quella fu la notte in cui ci promettemmo amore eterno con i nostri corpi.
Non so spiegare i dettagli, non mi piace perché me ne vergogno, ma quello che so è che fu un momento pieno di dolcezza, come tutto quello che faceva lui.

Innamorata del mio fratello del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora