Capitolo 61: La tortura continua

60 4 0
                                    

Francesca's Pov
Quella notte, quando andai a letto, non sapevo se aspettarmi che l'incubo terminasse, ma in ogni caso le mie aspettative furono completamente deluse.
M'infilai sotto le coperte cercando di coprirmi bene per attenuare i brividi di freddo e mi addormentai...
Una ragazza era distesa su di un letto quando si accorse di una presenza al suo fianco. Non era un uomo, ma un'ombra, e protendeva le braccia verso di lei. Voleva afferrarla e portarla via con sé per chissà quale meta. La ragazza iniziò a divincolarsi come una disperata e nel sentire la presa del mostro capii che purtroppo la sventurata ero phoprio io. Iniziai a gridare ancora più forte nel disperato tentativo di liberarmi o di farmi sentire da qualcuno che si trovava all'esterno, ma niente da fare.
"TI SCONGIURO LASCIAMI!" gridai.
Gabriele's Pov
Quelle grida mi colsero alla sprovvista, mi alzai di scatto e corsi verso la stanza della mia piccola. Aprii la porta e vidi che si agitava e rigirava nel letto. Lanciai un veloce sguardo al suo viso e notai che aveva gli occhi lucidi neanche stesse piangendo durante l'incubo. Mi avvicinai a lei e la scossi più volte.
"Francesca! Piccola, svegliati!" dissi.
Lei aprì gli occhi e qâando si accorse di me sembrò calmarsi, ma c'era qualcosa che non mi convinceva. Lei respirava a fatica e non sapevo spiegarmi perché. Intanto lei tremava, sembrava avere molto freddo. Presi la sua mano, ma quando la toccai sentii che era bollente e fui colto da un dubbio che mi fece provare un brivido. No, non di nuovo!
Guardai di nuovo i suoi occhi: sembrava che qualcuno si fosse divertito a lucidarli o qualcosa del genere. Le sfiorai la fronte e sentii che scottava.
Questo confermò il mio dubbio: un altro attacco di febbre! Ma stavolta era molto peggio del solito. Lei tremava e stava iniziando addirittura a delirare.
Afferrai in fretta e furia il termometro e glielo infilai sotto il braccio. A giudicare dalla sua vocina debole come non mai la febbre doveva essere davvero molto alta. Infatti quando tolsi il termometro lessi: 40,8.
Sapevo che in questi casi era necessario chiamare l'ambulanza e correre in ospedale. Chiamai l'ambulanza e presi in braccio la mia piccola, cercando di non farle sentire freddo, ma senza coprirla in maniera eccessiva per evitare che le sue condizioni potessero peggiorare. Scesi le scale cercando di non fare rumore e poco dopo udii le sirene dell'ambulanza.
"Ho paura" mi disse con un filo di voce.
"Non aver paura, tesoro! Ti giuro che non ti accadrà niente!" cercai di calmarla e di convincere più me stesso che lei.
Sembrava così piccola e spaventata.
Arrivammo in ospedale e dei medici la portarono subito via e le attaccarono addosso delle macchine che servivano a non so cosa. Per lo sforzo che faceva cercando di respirare poco dopo svenne.
"Devo chiederti di venire con me" disse il medico che la curava appoggiandomi una mano su una spalla.
Uscii insieme a lui lasciando la mia piccola nelle mani di un'infermiera.
"Ascoltami, io ho un sospetto sulle condizioni della ragaûza" disse sottovoce, quasi temendo che lei potesse sentirlo.
"E cosa pensa?" chiesi, anch'io a bassa voce.
"Potrebbe avere una malattia che non ha neanche un nome e viene semplicemente definita con una lettera" rispose.
"E sarebbe?" chiesi, sentendo che da un momento all'altro sarei esploso.
"X" rispose semplicemente il dottore.
"Come?" Sentii il mondo crollarmi addosso. Qualunque cosa fosse doveva trattarsi di una malattia molto grave e io non potevo credere che fosse successo.
"È una cosa che si prende dalla nascita, ma spesso resta in incubazione per anni" disse il dottore. "Però c'è un dettaglio che può confermarla o smentirla."
"E sarebbe?" chiesi preoccupato.
"La madre della ragazza ha ricevuto percosse o preoccupazioni prima che lei nascesse?" chiese il dottore.
Percosse? In quel momento un dubbio atroce mi assalì e sentii che la persona che aveva provocato la malattia era suo "padre". Dovevo chiedere a Sara!
"Non lo so, dottore" risposi. "Devo avvertire sua madre e chiederglielo."
"Va bene, non preoccuparti" disse il medico.
Il dottore mi diede una pacca d'incoraggiamento su una spalla.
Afferrai il cellulare e chiamai Sara.
"Pronto Sara?"
"Gabriele, è successo qualcosa?"
"Per favore, vieni all'ospedale!"
"Che succede?"
"Francesca sta male! Per favore, vieni!"
Sara's Pov
No! La mia bambina no! Non poteva esserle successo qualcosa!
Corsi a vestirmi e andai in ospedale accompagnata da Giorgio che mi sostenne e mi confortò come quel disgraziato di Santiago, il padre di Francesca, non aveva mai saputo fare.
Arrivammo in ospedale e il dottore ci spiegò tutto.
"Signora, mi dica... per caso ha ricevuto percosse prima che Francesca nascesse? Cioè, durante la gravidanza?"
A quelle parole mi congelai. Sì, mi era successo eccome!
💭"Santiago, io devo parlarti!"
"Che succede amore?"
"È che... qui dentro... c'è il nostro bambino."
"Cosa? Tu sei pazza se credi che io mi occupi di un moccioso!"
"Santiago per favore, io non posso perdere questa creatura, non posso togliere la vita ad un bambino!"
Lui mi tirò uno schiaffo.
"Sai che c'è? Tu non sei la mia prima compagna e non sarai neanche l'ultima!"
"Cosa? Perché?"
"Oh, andiamo! Tu credi davvero in quelle sciocchezze sull'amore?" Mi tirò un altro schiaffo, troppo vicino al corpo del bambino che si stava formando, ma questa volta ebbi una reazione e gli restituii tutto con gli interessi.
"L'amore esiste, altrimenti non esisterebbe l'odio e di conseguenza neanche tu disgraziato!" 💭
"Sì, dottore! Per ben due volte! Ma quel disgraziato me la pagherà, quant'è vero che mi ha ingannata!" gridai.
Gabriele assunse la mia stessa espressione quando seppe quello che era successo.
"Se io un giorno dovessi avere un figlio lo tratterei con i guanti bianchi pur di non creargli problemi in futuro" disse in tono secco.
Avrei voluto che Santiago lo sentisse.
Mi gettai tra le braccia del mio compagno e lui mi strinse forte a sé.
Anche Gabriele si avvicinò e mi abbracciò.
"Per favore, non piangere! Non piangere Sara! Non avresti potuto fare nulla!"
Quel ragazzo aveva un cuore d'oro. Era stato lui ad occuparsi di Francesca, cosa che Santiago non aveva mai fatto.
Forse perché non ce n'era mai stato bisogno o forse perché non l'avrebbe mai fatto e basta, anche se io, come una stupida, avevo creduto in lui.
"Dottore, possiamo entrare?" gli chiese Gabriele.
"Sì, potete entrare" rispose il medico.
Entrammo tutti nella stanza e vedemmo che Francesca aveva gli occhi chiusi.
"Gabriele, vai prima tu" lo esortai.

Innamorata del mio fratello del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora