Capitolo 119: Tu non hai colpa!

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Gabriele's Pov
Il mio amico Luigi era praticamente irriconoscibile: il volto pieno di botte e lividi, dei fili attaccati ovunque che sembravano parti del suo corpo che fuoriuscivano da questo o da quel punto e una macchinetta che emetteva un suono inquietante deputata a controllare la sua attività cardiaca.
Guardandolo ebbi un tuffo al cuore, mi sembrava che qualcuno mi avesse gettato a terra con uno schiaffo. Cosa dovevo fare adesso? Come potevo dire a Francesca in che condizioni era il mio amico? In quel momento avevo addirittura paura che il povero Luigi potesse rimanere in quello stato di totale incoscienza per sempre.
"Luigi" sussurrai con fatica, "tu conosci la verità su quello che è successo a Francesca, vero? Tu lo sai! Ti prego, aiutami! Lei è in prigione per un reato che non ha commesso e... e Caterina sta male per quello che stai passando! Per favore amico, tu puoi farcela!"
Lacrime copiose bagnarono il mio viso e sentii il peso del mio corpo premere in maniera eccessiva sulle gambe, infatti caddi in ginocchio accanto al letto sul quale il mio amico era disteso.
"Sa come si chiama questo ragazzo?" chiese una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi il viso del dottore.
"Luigi De Biase." risposi semplicemente.
"Mi scusi... per caso... lei è suo fratello?" mi chiese il dottore.
"No, ma è come se lo fossi" risposi.
"Se vuole può restare ancora un po'" mi disse gentilmente il medico, "l'unico favore che le chiedo è di non toccare i fili."
"Non si preoccupi, starò molto attento."
Il dottore mi lasciò solo con Luigi.
"Amico..." lo chiamai esitante, "ti prego, se davvero tieni a tutti noi, fatti forza: svegliati. Non permettere alla cattiveria di chiunque ti abbia aggredito, anche se io ho già un'idea di chi si tratti, possa uccidere te e far marcire in prigione la mia piccola che non ha colpe se non quella di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. E poi... io... io non voglio perdere un amico di una vita per colpa di un... di un maledetto disgraziato!"
Mi alzai e iniziai a prendere a pugni il muro che, in pratica, è un tipo molto poco utilizzato di autolesionismo. In quel momento provavo solo una rabbia simile alla lava di un vulcano. Quel vulcano aveva raggiunto il limite e si era espresso attraverso un'eruzione, io lo avevo raggiunto quando avevo saputo che Francesca era stata arrestata e lo avevo dimostrato tirando pugni al muro come se fosse il volto di Tommaso, un volto che, dopo tutte le cattiverie che mi ricordava, non mi era più gradito, anzi, direi che mi faceva ribrezzo.
"MALEDETTO!" gridai continuando a colpire il muro.
Sentii due mani bloccare i miei polsi. Voltai un po' la testa, giusto per capire chi fosse la persona che mi stava trattenendo, e vidi il volto di Caterina.
"GABRIELE, SMETTILA!" mi gridò.
"Caterina..." sussurrai. "Oh, Caterina, va tutto storto!"
"Finiscila di prendertela con il muro!" mi disse Caterina.
Prese le mie mani e le esaminò come farebbe un dottore.
"Accidenti, che brutto taglio!"
"Dove?" chiesi.
"Qui, sul dorso della mano. Sei ferito, stai sanguinando! Vieni con me: fatti medicare!"
Mi portò da un'infermiera che medicò le mie ferite e disse: "Non ti vedo il tipo da sbornie né da altri sfoghi simili, ma sei una persona frustrata, vero? Devi aver passato momenti orribili!"
Annuii semplicemente.
"Ascoltami, provocarti lesioni in questo modo non ti farà stare meglio, fidati!"
Aveva ragione. La mia unica possibilità per stare meglio era andare in carcere a parlare con la mia piccola... avevo bisogno di vedere come stava.
"Cate, io devo andare a trovare Francesca!" le dissi. "Stai con lui e... e tienimi informato se la situazione dovesse evolversi, ti prego!"
"Ovvio, tranquillo." mi rassicurò. "Ehi! Stai attento a quello che le dici, va bene?"
Uscii dall'ospedale e mi diressi verso il carcere.
Francesca's Pov
"Francesca Cordova, vai in parlatorio! Hai una visita!" mi disse la secondina con un tono duro che la faceva sembrare una vecchia strega.
"Sì, vado subito" dissi alzandomi.
Corsi in direzione della saletta del parlatorio, fredda e inquietante come tutto quello che si trovava in quel maledetto posto.
Quando vidi chi era la persona che mi aspettava, però, la mia bocca si allargò in un sorriso.
"Oh Gabriele!"
Fu tutto quello che riuscii a dire prima di gettarmi tra le sue braccia.
Lui strofinò la mano sulla mia schiena e con l'altra scompigliò i miei ricci, come faceva ogni volta per consolarmi. Piangevo a dirotto, stavo davvero male.
"Co-come sta?" balbettai.
Lui capì immediatamente a chi mi riferivo, e mi rispose: "Beh, ecco, Luigi..."
"No! Non dirmi che è..." dissi agitata, ma lui comprese quello che pensavo, mi guardò e disse: "Oh no, quello no, ma... ma la sola cosa che posso dirti è che è grave ed io... io  ho... ho fatto fatica a riconoscerlo."
Scoppiai a piangere più forte di prima e credo di essere riuscita a distruggere un timpano al povero Gabriele quel giorno, ma lui mi rimase accanto lo stesso.
"Basta, calmati piccola" disse, "tu non gli hai fatto nulla, tu non hai colpa!"
"Sì che ne ho colpa, perché quel... quel maledetto l'ha... l'ha  quasi ammazzato di botte solo per incolparmi!"
"Dacci un taglio. Se non la smetti di incolparti per quello che non hai fatto vado a cercarlo io Tommaso e lo gonfio di botte" disse, ma io lo baciai immediatamente per evitare che quella vecchia megera della secondina, che mi controllava a vista, lo sentisse.
"Io non mi sono innamorata di un violento!" gli dissi staccandomi dalle sue labbra e facendo un passo indietro. "Se devi fare queste cose vattene, okay? Vattene!"
Mi guardò e io strinsi gli occhi e respinsi le lacrime. Mi accorsi che lui mi guardava, lo guardai anch'io e rividi il mio caro Gabriele.
"Non volevo spaventarti" mi disse, "ti giuro che non volevo. È solo che non sopporto che tu ti getti addosso tutte le colpe di questa storia, perché l'unica colpa che hai è quella di aver aiutato un ferito!"
"No! La mia colpa è stata quella di non aver denunciato quel disgraziato quando mi ha messo le mani addosso!"
Gabriele mi si avvicinò e accarezzò la guancia che molto tempo prima Tommaso aveva colpito con tanta forza.
"Shh, basta! Non pensarci! È inutile rivangare il passato, e poi, per quanto umiliante, non è stato un gesto estremo! Ma io ti assicuro che non ti toccherà più... mai più!"

Innamorata del mio fratello del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora