Rallenta cap.3

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Steve

"Sembra che tu non voglia avere a che fare con il mondo."

Questa frase ha disturbato il mio sonno questa notte. Nel mio appartamento c'era più silenzio del solito, ma era diverso, quasi assordante.

La mia vocina interiore mi parlava, fastidiosamente, mi ripeteva quella frase. La mia mente va a Cameron, a quel ragazzo sorridente, a quella fossetta che avrei voluto toccare.

A Cameron che con una sola frase mi ha dato molto a cui pensare, come se non bastassero già i troppi pensieri che mi frullano per la testa.

Quel ragazzo inconsciamente ha rispolverato un'altra parte di me che non ho mai avuto modo di conoscere.

Forse nella mia vita ho sempre dato troppo poco, forse dovrei espormi di più per essere felice.

Ho sempre pensato che, chi vuole vederti lo fa anche se non ti fai notare. Che per fare casino non basta urlare. Che il baccano e la confusione vera sta negli occhi di chi ti guarda e ti ha già capito.

In realtà io non cerco nulla, per questo non mi sono mai esposto, ma se invece stessi cercando qualcosa, qualcosa che però, non posso toccare per il semplice fatto di essere completamente pieno di niente.

«Sempre più silenzioso, Williams.» Erika ha provato ad approcciare con me giorno dopo giorno, mi ha invitato a pranzare con lo staff da quando lavoro qui, ho sempre rifiutato.

Lei sembra una tipa a posto, il problema sono gli altri, soprattutto uno di loro. Mi guarda in un modo strano, quasi disgustato dalla mia presenza.

«Ho dormito poco stanotte.» Io già sono una persona silenziosa di mio, poi se non dormo la cosa peggiora ulteriormente.

«Diciamo che sei silenzioso tutti i giorni, Steve.» È alle prese con una delle macchinette del caffè, quella difettosa che non uso mai, non capisco perché lei si ostini così tanto a usarla.

«Questa stramaledetta macchinetta!» Sbotta d'improvviso facendomi sussultare.

«Aspetta, lascia.» Gli tiro un pugno e il caffè cessa di uscire, ormai so come fare quando si blocca, l'ho imparato i primi giorni, poi ho constatato che non dovevo più usarla.

«Se bastava un semplice pugno potevi benissimo dirlo, eh.»
«Non usarla più!» Le passo la pezza per pulire tutto il casino che ha fatto con quel caffè.

Nella pausa pranzo vado al solito posto, dietro il lido, dove c'è meno gente.

Ma lui è lì, seduto dove lo ero io la prima volta che ci siamo visti, sembra che stia aspettando proprio me.

Sono combattuto se andarmene dato che ancora non mi ha visto, ma non ho modo di pensarci, Cameron si è appena voltato verso la mia direzione.

«Ciao!»

Come fai a essere sempre così sorridente? Cosa c'è di bello nella tua vita?

Non rispondo, non ricambio il saluto, semplicemente mi siedo al mio solito posto, per poi iniziare a sgranocchiare il mio panino.

«Potresti salutarmi, eh.»

Perché dovrei farlo, Cameron per poi sentirti dire altre cose che non mi fanno dormire la notte?

«Cosa ci fai qui?»

«Sapevo che saresti venuto.»
Non capisco perché questo ragazzo sia così interessato a me, sempre se non sia semplice curiosità la sua. Mi sembra un tipo molto curioso, uno di quelli a cui piace scoprire nuove persone, ma non sa che io non sono uno che si sveste.

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