Lo rendi difficile... cap.102

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Cameron

Stavo entrando nella mia scuola liceale.

Avevo da poco compiuto quindici anni.

Ed ero fragile.

Più fragile che mai, perché stavo facendo i conti con me stesso.

Mi stavo scoprendo, stavo scoprendo una parte di me che non comprendevo...

Ero confuso, avevo paura, paura di me, di quello che la gente poteva pensare.

E camminavo nel corridoio della mia scuola per raggiungere la classe.

Sono sempre stato un ragazzo esuberante, parlavo con tutti, facevo amicizia facilmente.

Io ero amico di tanti.

Non stavo mai zitto.

Studiavo poco e mamma mi sgridava.

Perché la mia testa era altrove.

Io volevo esplorare, imparare, conoscere persone nuove.

Guardare la gente negli occhi e vederle sorridere.

Ma qualcosa in me quel giorno era diverso.

Avevo aperto veramente gli occhi.

E guardavo gli altri diversamente.

Come se mi sentissi giudicato da loro.

E questo perché avevo detto per la prima volta a voce alta di essere attratto dai ragazzi.

Mi sentivo diverso...

E continuavo a camminare guardando i volti spensierati dei miei compagni.

Fino a quando mi ero fermato per via di risate sparse, e mi guardavano, guardavano me e poi nella direzione del mio armadietto.

Mi ero avvicinato per capirci qualcosa, e quando avevo visto quello che c'era davanti a me, mi ero pietrificato.

"Frocio di merda."

Quelle parole mi avevano fatto imbestialire.

Avevo fulminato con uno sguardo quei ragazzini, che non appena li avevo guardati non ridevano più.

Mi ero avvicinato a uno di loro, buttando il mio zaino per terra.

«Chi cazzo l'ha scritto?» Urlavo a quello in mezzo.

A quello che lo trovava più divertente.

Ma lui non rispondeva.

«Ti ho detto di dirmi chi cazzo l'ha scritto!» Gli stringevo il colletto della divisa scolastica.

«Non ne ho idea...»

Il ragazzo aveva paura di me, glielo leggevo negli occhi.

«Io credo di sì, invece!»
L'avevo spintonato nell'armadietto e gli puntavo il pugno in faccia.

Lui stava per dire qualcosa, quando una ragazza lo aveva interrotto.

«Cameron è stato quello scemo di Grabriel, lui non c'entra niente, lascialo...»

Avevo lasciato il ragazzo lentamente, e lui era scappato via, senza ringraziare la ragazza di averlo salvato da un pugno in faccia.

«Gabriel il rosso?»

«Sì, ma non fare niente. Non ti abbassare al suo livello, tu sei più figo di quello sfigato!» Lei mi sorrideva, ma questo non mi serviva a calmare la mia rabbia.

L'avevo cercato ovunque, fino a quando l'avevo visto in bagno con il cazzo di fuori intento a svuotare la vescica.

Ero corso verso di lui, l'avevo preso alla sprovvista, e gli avevo afferrato la testa per poi sbattergliela sul muro.

"L'Angelo e il Diavolo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora