Prometti? cap.47

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Cameron

E fra le braccia di Steve mi sento come se non ci fosse un mondo là fuori.

Come se non ci fosse una vita.

Come se non ci fosse nessun altro ad aspettarmi.

Perché io è da lui che voglio essere aspettato.

Le nostre vite camminano a braccetto.

E non molleranno mai la presa.

E Steve non parla, è silenzioso.

È rilassato.

È perso a guardarmi.

Invece io... mi sono perso ad amarlo.

Sempre di più, giorno dopo giorno. E non c'è un momento in cui io smetta di pensare a lui.

Ho la testa appoggiata sul suo dorso e con gli occhi rivolti sui suoi...
È come se da questa notte a oggi, le cose siano cambiate ulteriormente.

Che si siano rafforzate ancora di più.

Perché Steve ha visto ancora una volta il peggio di me, ma è rimasto comunque.

A essere sincero non me l'aspettavo. Credevo che sarebbe scappato via, avendo paura di affrontarmi.

E lui di paura ne aveva tanta, però non se n'è andato.

E nonostante scalciassi e urlassi come un matto, Steve è riuscito a calmarmi, almeno un po'.

E vorrei dirgli che io di lui mi fido, ma mentirei, soprattutto a me stesso.

E per quanto ci provi, Steve riesce a distruggere anche quel minimo di fiducia che riesco a dargli.

E questo sarà sempre un problema per noi.

«Cam.»

«Dimmi!»

«Io fra poco devo andare.»

Mi alzo leggermente.

«Dove?»

«Con Erika. Mi passa a prendere fra un po'.»

Sono confuso, perché mi chiedo dove debbano andare a quest'ora della mattinata.

«Ma non hai il turno questa mattina...»

«Infatti non dobbiamo andare a lavoro.»

«E dove andate?»

Steve sembra tergiversare un po', come se stesse cercando una cavolata da dire.

«Deve prendere un cane, e vorrebbe che le facessi compagnia.» Dice alzandosi dal letto.

«Steve si vede lontano un miglio che stai dicendo una stupidaggine...»

«Ma cosa dici? Quando viene Erika te lo farò dire da lei.» E mi stampa un bacio sulla bocca.

«Sei sicuro che non stai trovando una scusa per scappare da me?»

«Non sto scappando da te! Stai tranquillo, mi faccio sentire, e poi quando finisco con quella strega, facciamo tutto quello che vuoi.»

«Prometti?»

«Prometto!»

Cerco di fidarmi di lui, anche se questa cosa del cane non mi ha convinto tantissimo.

Ma se continuassi a fare domande sembrerei più paranoico di quello che sembro già.

Quindici minuti dopo Erika suona.

«Cavolo, è la porta esatta. Per un momento ho pensato di aver suonato al citofono sbagliato.»

«Ciao, Erika. Vuoi entrare?»

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