Ci ho provato cap. 15

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Steve

«Devo bere, devo assolutamente bere qualcosa.»

Erika mi guarda in un modo parecchio strano, ha la bocca semiaperta, una ruga di confusione appare sulla sua fronte. Mentre io sto disperatamente aprendo una bottiglia di vodka.

Sono rientrato, ho cercato di scappare da Cameron, ma le sensazioni non sono ancora andate via.

Posso ancora sentire il suo tocco dolce, il suo profumo che per me funge da droga. Mi avvelena, ma non riesco a farne a meno.

Cameron è droga per me, mi crea una dipendenza, ne voglio sempre di più. Ma le droghe fanno male, perciò tendo a non farne abuso.

«Steve, che cosa fai?»

Nel frattempo ho bevuto un bicchiere di vodka tutta in un sorso, ne riempio un altro, sento lo stomaco bruciare.

«Steve, basta!»

Un altro bicchiere bevuto come se fosse acqua, Cameron però, continua a rimanere inciso dentro di me.

Non esiste alcol, non esiste cura, non esiste niente che possa distruggere le forti emozioni che mi causa quel ragazzo. Quel ragazzo che tanto disprezzo, e allo stesso tempo non riesco a scacciare via dai miei pensieri, dal mio cuore frantumato, da me.

Sei peggio di una droga.

Ed è difficile esprimere quello che in realtà è, peggio di una droga, peggio di una dipendenza. Lui è sicuro, non ha paura, Cameron non ha corazze sulla schiena che lo colpiscono in pieno addome.

Cameron è brutalmente entrato nella mia vita e ha sconvolto tutto.

«Mi dici cos'è successo?»

Erika mi toglie la bottiglia e mi strappa via il bicchiere con prepotenza, e io continuo ad avere i battiti accelerati.

Sento il risentimento, l'angoscia e un minimo di rimorso per non aver lasciato che le nostre labbra si toccassero.

Mandando al diavolo le paure, le prigioni mentali, se lo avessi fatto, mi sarei sicuramente sentito vivo, sono quasi sicuro di questo.

Ma io sono un codardo senza anima, che ha paura di se stesso.

«Steve!»

Non sento niente, solo frastuoni insopportabili dentro di me, sono cosciente, ma è come se non lo fossi.

Ti voglio, Cameron.

«Steve, mi senti?»

La guardo, cerco di respirare dal naso, per tenere sotto controllo la respirazione.

Ma sembra essersi chiuso, non entra aria, apro la bocca di conseguenza. Quello che esce fuori sono respiri soffocati, singhiozzi male andati.

Ti sei rubato il mio respiro.

Erika mi afferra da un braccio, mi porta in bagno, e non appena siamo dentro appoggio la mia testa sul suo petto.

Mi aiuta a riprendermi, sentire il cuore di un'altra persona che batte, mi ricarica, mi dà la spinta per ritornare a respirare bene.

«Steve, cosa succede? Mi stai spaventando.»

Non riesco a parlare, a reagire, alzo un dito, segno che sta a significare di darmi del tempo, ho bisogno solo di due minuti...

L'ultimo respiro spezzato, chiudo la bocca, il mio naso è tornato a collaborare.

Respiro dopo respiro, profondo, confortevole.

«Il battito è regolare?»

Tolgo la testa dal petto di Erika. Le porto una mano sul mio, stringendola forte a esso.

"L'Angelo e il Diavolo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora