Capitolo 16

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Nulla, non riesco a pensare con questo caldo. Mi guardo intorno e almeno, sul sedile accanto, trovo uno straccio sporco di grasso, che mi avvolgo intorno al naso e alla bocca. Così va un po' meglio. Filtrando il fumo, ora mi entra nei polmoni pure l'odore acre dell'olio del motore. Potrei provare a collegare i fili. Ho sentito di gente che fa partire le macchine in quel modo. Abbasso la testa sotto il cruscotto e non so riconoscere un filo dall'altro. Li strappo tutti, cercando di resistere ai conati di vomito per il tanto tossire, provo a collegarli a casaccio. Niente, neanche una scintilla. Non c'è verso di avviare questa macchina. Devo scendere, ma il fumo nero ormai mi appanna la vista, per cui inciampo e finisco con la faccia per terra. Per poco una lingua di fuoco che sprizza da fondo alle scale non arriva a lambirmi i capelli. Mi ritraggo, muovendomi a tentoni per la stanza. Artiglio l'aria cercando di aggrapparmi a qualcosa per non cadere e non trovo niente. L'ossigeno rimasto qua dentro si sta consumando in fretta. Sono stordito.

Con la coda dell'occhio noto che il vano sotto le scale non è ancora stato raggiunto dal fuoco ed è lì che vado a rifugiarmi. Mi siedo contro il muro, raccogliendo le gambe con le braccia, ad aspettare la fine. Il mio istinto di sopravvivenza mi fa comunque trattenere il respiro più che posso. Voglio che i miei ultimi pensieri siano per Soru. Spero di avere il tempo almeno per chiedergli scusa, prima che il fumo abbia la meglio su di me, perché non sono riuscito a trovarlo e riportarlo indietro.

Sarà un'allucinazione ma mi sembra che il fumo che mi avvolge venga risucchiato verso il muro dietro la mia schiena, penso intontito e poi, non devo distrarmi adesso, sto pregando.

Prego Marduk che lui viva, che almeno lui abbia occasione di diventare adulto e vivere la sua vita, ovunque sia e lontano dal terzo distretto.

Non solo qui fa più fresco, il fumo viene risucchiato davvero da uno spiraglio dietro di me.

Spingo indietro con la schiena. Qualcosa si muove. Mi giro per vedere cos'è. Una porta camuffata nel muro. Oh, Marduk! Mi metto in ginocchio e spingo cercando di allargare la fessura, in cerca di aria. Vedo una catenella appesa poco sopra di me. Allungo una mano, infilo le dita nel vano tra un pezzo di muro e la placca di legno. Me le scortico contro le schegge, ma ci riesco. La catenella si solleva e la porta si spalanca, bloccandosi contro le gambe nude di un corpo. È un piccolo vano di cui non conoscevo l'esistenza. Una toilette, mi rendo conto, pur senza vederla. Il tanfo da cloaca è appena percepibile sotto quella che mi pare aria fresca e pura. C'era qualcuno seduto sulla tazza a braghe calate, quando la morte lo ha colto; un uomo anziano che non mi pare di conoscere. Più interessante, sulla sua testa c'è una finestrella, che il fumo ha già invaso per uscire, quando la porta si è aperta.

Mi arrampico sul cadavere, per raggiungere la finestrella devo mettergli un piede sulla spalla. Mi do una spinta e ci arrivo. Scivolo fuori. Buttandomi dal vano nel muro ringrazio il Signore della Guerra, la sua spada santa, la sua barba immacolata. Per fortuna non ho molti muscoli, altrimenti non ci sarei passato. Cado da poco più di due metri, ma non ho la forza di pararmi con le mani e sbatto a terra, con violenza. L'urto mi scatena altri conati di tosse che mi raschia la gola. Devo avere i polmoni pieni di fumo, perché non riesco a smettere. Appena la tosse si decide a darmi una tregua, inspiro l'aria del terzo distretto di Alchera, che solo per un momento mi sembra il posto migliore al mondo. Nella stradina tra il palazzo di Darius e quello di un negozio di pesce abbandonato non c'è un'anima. Appena riesco ad alzarmi in piedi, mi incammino verso la sopraelevata. Voglio almeno indossare vestiti puliti prima di andare a lavarmi al pozzo, per non destare troppi sospetti nelle sentinelle che dovessi incontrare per strada, sempre che prima riesca a smettere di tossire.

Casa mia è esattamente come l'ho lasciata qualche ora fa. Di diverso c'è soltanto quella striscia di sangue davanti al portico, dove giaceva il cadavere di Puri. Appena arrivato corro in cucina, prendo la tanica dell'acqua, che Soru deve avere riempito ieri, perché è quasi piena e bevo. Mi sembra che la sete non si plachi mai. L'ho consumata quasi tutta quando riesco a staccare le labbra secche dal collo di plastica. Ora che i conati di tosse si sono calmati riesco ad  alzarmi in piedi e sentendo scorrermi un'ondata di nuova energia nelle vene mi avvicino silenziosamente alla serranda di casa sua. Mi fermo davanti alla grossa faccia gialla che vi è dipinta sopra, che non smette mai di sorridere. Anche se la padrona di casa è morta. Se ne frega.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora