Capitolo 57

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Due ore fa c'è stato il temporale. Una scarica d'acqua rapida e potente come la spada di Marduk. È successo mentre parlavo con Dimash e, avanzando con gli scarponi che affondano nella fanghiglia dello slum, penso che sia un brutto presagio. I sacerdoti dicono che la pioggia ristoratrice che irriga i campi è un dono del dio Adad, un dono raro e prezioso perché ad Alchera non piove quasi mai. Tuttavia sono più portato a credere alle speculazioni dei mendicanti rimasti senza un tetto sulla testa, secondo cui è stata la furia distruttrice di Marduk in persona. Lo crederei anch'io, se la tempesta avesse mandato all'aria la mia baracca. Jacob, che mi precede nella fiumana di quella che ieri era una strada, attento a non calpestare i detriti che sporgono dalla melma, i pezzi di legno strappati alle baracche, i teli di plastica che affondano tra le bolle e riemergono. Un uomo anziano con la barba stringe una donna a sé ed entrambi dondolano la testa snocciolando preghiere. I bambini saltellano sulle assi di legno traballanti. Tre uomini si danno da fare a sollevare un tetto di lamiera sopra le colonne che hanno appena finito di tirare su. Un altro li guarda lavorare, stretto nel suo mantello magnato e appollaiato su una catasta di legna marcia. Vedendoci passare alcuni abbassano gli occhi, altri sputano a terra, altri ancora ringhiano o mormorano qualche insulto a bassa voce. Jacob non ha una presenza imponente, ma avanza deciso sollevando gli scarponi nel fango, con due pistole bene in vista nelle fondine ai fianchi. E sono armato anch'io. Venire in pace, come si suol dire, sarebbe stata un'imprudenza, soprattutto oggi. A quanto pare, i governativi sanno qualcosa del nostro piano.

Nel palazzo di Nandita ero tanto occupato a guardare Soru, che non ho sentito cosa stesse dicendo. Ma Jonath sì. Ha ascoltato tutto il discorso tra lui, il generale Rafo e il boss che, a quanto pare, ai tempi della guerra fornì un supporto fondamentale all'esercito per espugnare la città.

Ma la cosa più importante che hanno detto in quella riunione, che mi è sfuggita perché non stavo ascoltando, è che hanno scoperto che qualcuno sta organizzando un attacco al governo e che andranno ad ammazzarlo. Ecco perché siamo qui, nel secondo distretto, lo slum. Potrebbe essere un falso allarme. Potrebbe esserci qualche altro gruppo organizzato che complotta contro il Presidente Colonnello e che noi e i nostri alleati non abbiamo nulla da temere. Però è meglio assicurarcene e sperare che sia così.

Riflettendo, sono rimasto indietro e, notando Jacob da lontano, che solleva il lembo di una tenda e ci si infila sotto, mi affretto in quella direzione, per quanto la fanghiglia me lo permetta.

L'ambiente all'interno è piuttosto ampio. Finalmente poggio i piedi su solide pedane di legno, penso raggiungendo Jacob davanti al tavolino dove, seduto su una sedia scassata, con in mano una vecchia radio, c'è Rudyar Olofriki. È un uomo emaciato, sessantadue anni, nigeriano, fronte del gruppo di resistenza armata 'Le farfalle'. Con un sorriso amichevole ci scruta da dietro lenti spesse, che gli ingrandiscono gli occhi a dismisura.

"Soldati giudei. A cosa devo il piacere della vostra visita?" domanda spingendo indietro il ponte degli occhiali con un dito ossuto.

"Olofriki, devi venire con noi." Dichiara Jacob senza mezzi termini. "Adesso."

Il nigeriano sorride.

"Ed io, che credevo foste qui per aiutarci a ricostruire."

Si scambiano un'occhiata piuttosto lunga, poi Jacob sogghigna.

"Stiamo facendo, mi pare." scuote la testa e puntualizza: "In altro modo, però. Adesso raccogli tue cose e seguici alla base.

"Per quale motivo dovrei farlo?" si acciglia quello. Mentre parla continua a trafficare con le manopole della radio antidiluviana che tiene tra le mani.

"Signor Olofriki." s'impunta Jacob, senza ottenere risposta. Nella tenda entra un uomo, ma è subito ricacciato fuori da una sua occhiataccia. Il nigeriano sbuffa.

"Questo aggeggio..." borbotta scuotendo la radio lievemente "Sarà la pioggia."

"I governativi monitorano messaggi radio." spiega Jacob, dimostrando più pazienza di quanta gli avrei attribuito. "Hanno dirottato le frequenze che usavamo per comunicare su loro canale. Sentono quello che diciamo. Per questo sua radio è inutilizzabile, signor Olofriki. Neil deve avere installato sensore di sicurezza per lei."

"Se la metti così, giudeo..." l'uomo si alza in piedi con una smorfia "Neil mi sentirà."

Ci indica l'uscita con un cenno del braccio.

"Generale Raphael sa qualcosa di noi. Capitano teme che verranno a uccidere lei. È misura di sicurezza. La porteremo via con forza, se si rifiuta."

Ho appena il tempo di vedere le sopracciglia bianche dell'uomo incespugliarsi alla base del naso, che il mio orologio tecnologico si mette a trillare, facendomi sussultare di sorpresa.

I due si voltano verso di me, che arrossendo come se mi avessero colto a fare qualcosa di male, sollevo il polso e guardo sullo schermo, dove lampeggia il nome di Yumireu. Dura tre secondi, poi un messaggio scritto si mette a scorrere sullo schermo.

"Il... tuo... ra-gaz-zo..."

Non sono bravo a leggere ma il messaggio scorre lento, prima di scomparire e l'ho decifrato quando riappaiono le cifre delle ore. Sono le 18:34. Sollevo la testa per vedere che il signore si è finalmente convinto e pur sbuffando, ci precede fuori dalla tenda. Passandomi accanto, Jacob mi sfiora con un braccio.

"Messaggio di Capitano?"

"No, era Yumireu."

Jacob annuisce, poi alza la tenda per farmi passare. Olofriki è in piedi che sembra dare istruzioni all'uomo seduto sulla catasta di legna, che guardava i costruttori lavorare. È un discorso fitto, che si interrompe quando i due ci vedono uscire. L'altro fa un cenno di saluto a Jacob, che non ricambia, girandosi verso il sentiero acquoso per tornare alle moto. Vedo il nostro protetto alzare gli occhi al cielo ma attendo che si decida a camminarmi davanti, per sistemarmi alle sue spalle e chiudere la fila. Agli occhi sgranati che ci osservano passare, sembrerà un rapimento da parte dell'esercito giudeo ma Jacob non pare impensierito da cosa pensa la gente e nemmeno il signor Olofriki, che lo segue impettito con le braccia incrociate sul petto e i sandali che affondano nella melma.

Ripenso al messaggio di Mireu. Diceva: il tuo ragazzo. Significa che sa di me e Soru? Forse i governativi sono andati al bar Serif a ucciderlo. Improbabile, trattandosi del boss Nandita, che li abbia mandati contro il suo stesso figlio. Ma se per ipotesi avesse scoperto che è un traditore?

Raggiunta la porta del secondo distretto, dove abbiamo lasciato le moto nel piazzale, appena fuori dal mare di fango, Jacob fa accomodare il signor Olofriki sul sellino dietro e monta in sella. Faccio lo stesso sulla mia moto, accelero partendo in coda, ma seguendo Jacob per le stradine accidentate non riesco a smettere di pensare a Yumireu.

Con lui dovrebbe esserci Jonath, dovrebbe averlo avvisato del pericolo. Non ha senso. No, sono convinto che lui, Kain e Alinai stiano bene. Se no, non mi avrebbe scritto un messaggio del genere. Gli unici altri alleati sono...

Un messaggio innocuo, penso all'improvviso, che i governativi non capirebbero, anche se venisse intercettato. Yumireu mi ha visto insieme a qualcun altro, quella sera, al bar Serif. E ha pensato che fosse il mio ragazzo. Non è Soru quello di cui sta parlando. Mi sta dicendo a chi è diretto l'attacco; chi dei nostri alleati è nel mirino del malvagio generale governativo. Prego il signore Marduk di farmi arrivare in tempo. Giro la moto e Jacob si volta di scatto per gridarmi: "Cazzo fai?!"

Ma non guardo indietro. Spingo la moto a tutta velocità in mezzo al fango, sperando che non si incagli, tentando di allineare le ruote sulle passerelle di legno. Già lo so: Marduk non accoglierà la mia supplica. Gli dei sono contro di noi. Siamo stati blasfemi e questa è la loro punizione.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora