Capitolo 43

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«Che c'è?»

Dimash si volta di scatto. Non sta intagliando pesciolini come mi ero immaginato ma è seduto al suo tavolo e fuma una sigaretta. D'istinto ha allungato la mano verso la maschera antigas, abbandonata accanto al taglierino, ma ci ripensa e mi fa cenno di entrare.

«Ah, sei tu. Ti sei calmato?»

Annuisco, avvicinandomi e devo ammettere che, quando poggio le dita a sfiorargli la spalla, avverto un calore che mi s'infonde nel corpo attraversando il braccio.

«C'è sempre quell'ansia pazzesca di sottofondo. Credo che sto imparando a tenerla sotto controllo.»

«Bene.» sorride «Sono contento per te.»

«Già. Il capitano mi ha dato la libera uscita, stasera.» gli mostro la chiave della moto.

«Lo so. Gliel'ho suggerito io. Pensavo che con lo stress che hai accumulato di recente ti avrebbe fatto bene. E poi è giovedì.»

«Che significa?»

«Il tizio del biglietto, quello con la calligrafia elegante, non ti aveva dato un appuntamento per oggi?»

Ha ragione. Yashal. Mi ero completamente dimenticato di lui. Pensavo di sfruttare stasera per cercare Soru ma mi rendo conto che non so dove andare, né da dove partire. Siccome non ho intenzione di tradire i giudei e darmi alla fuga, comunque, tanto vale che vada a sentire cosa ha da dire Yashal.

Dimash si alza in piedi e prende la maschera.

«Tieni.» me la spinge in mano casualmente «Mettila. Marlee ha sentito in giro delle voci nel terzo distretto. Dice che quella Apsalara dello spaccio chiede in giro di te e, dato che ultimamente tre dei ragazzi che lavoravano per Darius sono stati trovati morti, credo sia meglio se nascondi la tua identità.»

«Grazie.» non so che altro dire.

«Guarda che non è un regalo.»

«Te la riporterò.»

Mi guarda con le sopracciglia sollevate, probabilmente aspetta che mi levi di torno. Dalla soglia alzo due dita per salutarlo e con la sua maschera tra le mani mi dirigo verso il garage. Per mia fortuna non incontro nessuno durante il tragitto. Le moto sono allineate come mostri di metallo dalla fattura quasi identica ma sono già stato su quella di Jonath e la individuo subito fra le altre. L'ultima volta che mi ha portato in città l'ho visto azionare il meccanismo della serranda, che obbedisce anche a me e, dirigendo la moto fuori dalla base indisturbato, penso che mi sento meno a mio agio di quanto non fossi abbracciato alla sua schiena. Però in compenso c'è il senso di libertà impagabile che mi dà guidare da solo nella strada in mezzo al deserto. Non penso a niente, con l'aria che mi schiaffeggia i capelli, correre sotto la volta stellata, se non che avrei dovuto mettermi una maglia più pesante, anche perché appena l'ombra di un pensiero ansiogeno mi si affaccia alla mente, inspiro nella maschera di Dimash che mi sono agganciato alla faccia e il suo odore mi riporta al presente, alla solidità della sella e il rombo tra le gambe.

La corsa nel deserto finisce in fretta. E per la prima volta vedo Alchera da fuori. Di notte. Lo spettacolo delle sue alte mura, la porta di Isthar costellata di pietre smaltate di blu, è incredibile alla luce delle torce. Nel piazzale c'è poca gente in fila per entrare. I soliti mercanti che conducono gli asini carichi di tappeti e borse piene di grano da portare ai quartieri alti stanno aspettando che le guardie gli controllino i passaporti e che gli venga assegnata la scorta. Immagino quanto sia pericoloso passare nel primo e secondo distretto senza dei soldati che ti accompagnino, specialmente di notte, con i disperati affamati pronti a depredarti per necessità. Due mendicanti sonnecchiano in un angolo polveroso buttati su una pila di stracci. Una guardia fischia forte dentro un fischietto e capisco che sta chiamando me. Con una mano mi chiede di raggiungerla.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora