Capitolo 35

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Mentre seguo Mirza in camera, mi siedo sul letto e lo guardo trafficare con la sua borsa di pelle ripenso alla storia che ho appena sentito. Mi dispiace per Dimash e il suo ragazzo. Se penso che sono stati i soldati del mio governo a fargli questo, mi monta una rabbia incredibile. Comunque la guardi, siamo vittime di un regime dove quelli che dovrebbero proteggerti uccidono per divertimento. Penso questo, guardando il cilindretto di vetro tra le mani di Mirza e senza pensarci mi slaccio i pantaloni, per fargli fare quello che vuole.

«Lo hai visto? Il clone.»

Annuisco una volta.

«Sembra un tizio normale, vero? Solo che si muove alla velocità della luce.»

«Sì, okay.»

Normale non è proprio la parola con cui avrei descritto Yashal. Non so se fidarmi, ma devo ammettere di non aver trovato nulla di particolarmente allarmante in lui.

«Io sarò così?»

Ormai conosco un poco Mirza e so che gli fa piacere parlare del suo lavoro, perciò quando comincia a elencarmi le qualità e i valori vitali del corpo che sta crescendo nel laboratorio, stacco la mente, che vaga verso Soru senza che possa farci nulla. All'improvviso sento estrarre il cilindro e sono attraversato da un brivido involontario al pensiero di cosa mi aspetta. Mirza dopo avere scritto i numeri sulla cartellina, sta rimettendo i suoi strumenti a posto nella borsa. Come leggendomi la paura negli occhi, sorride.

«Ah, niente iniezione. Il pacco che aspettava Dimash è stato trafugato dai ladri. Niente spuntini e niente medicine extra, oltre alle preziose munizioni che avevamo ordinato. Il Capitano ha già fatto domanda per un altro pacco, però non arriverà prima di cinque giorni come minimo e per allora tu sarai già un clone. Adesso togliti la maglietta, che ti ausculto il cuore.»

Pervaso da un senso di profondo sollievo gli lascio fare il resto della visita. Non ho problemi con la parte che non fa male. Sono contento che le scorte di medicine siano state bloccate. Sarà sbagliato, che ne so, ma sospiro internamente di sollievo al sentirglielo dire. Il fatto è che non ti rendi conto di quanto qualcosa sia pericoloso, finché non sta per ucciderti. E per adesso, per quanto ne so, il clone ed io stiamo benissimo. Non vedo l'importanza cruciale delle punture di vitamine, anche se forse dovrei.


***


I giorni alla base per me trascorrono tutti più o meno uguali, scanditi dalle ore di allenamento nelle varie discipline di guerra. Gli altri vanno e vengono dalla città con le loro moto e non mi dicono niente della missione che stanno preparando. Sono tutti così occupati che Jacob ha spostato le lezioni di balistica al pomeriggio, perché sostiene che al mattino sono troppo stordito e provare a farmi entrare delle nozioni in zucca è una perdita di tempo. Prezioso. Il suo. Così appena sveglio, prima ancora che spunti il sole, ora posso farmi pestare da Dimash, o Jonath che a turno si occupano del mio addestramento alle arti marziali.

Anche se ho i muscoli di tutto il corpo indolenziti però non voglio che lui se ne accorga e tento meglio che posso di controllare il tremore alla mano, che non so quanto sia dovuto allo sforzo di stendere il braccio, al peso della pistola o alla tensione perché finalmente mi ha messo un'arma in mano e mi sta insegnando qualcosa che mi tornerà utile. Solo che, non capisco perché, dopo i primi due spari falliti, Jacob ha guardato il bersaglio immacolato, ha scosso la testa come se l'avessi deluso profondamente e ha cominciato una filippica sull'arte di ammazzare la gente.

«Uccidere non è cosa semplice per questo molti non ci riescono. Basta provare sentimento al momento sbagliato e sei carne morta. Diventa semplice se uccidi per proteggere tu stesso o persona che ami. Allora sì, premerai grilletto senza esitare un secondo.» sbatto le ciglia, sorpreso dalla profondità del suo ragionamento. Lui cambia espressione e mi assesta una manata alla nuca.

«E smettila di farmi occhietti. Io non sono gay.» conclude sogghignando.

«Ma che cazzo, Jacob?»

Lui scoppia a ridere come se l'omofobia radicata nella sua anima fosse divertente e mi ordina di concentrarmi e prendere la mira. Dopo avermi fatto smontare due volte un fucile di precisione, l'ha messo da parte e ha deciso che avrebbe dedicato il resto del pomeriggio ad insegnarmi a sparare ma ora che sono qui davanti al bersaglio, con il braccio teso e ho già fallito cinque tiri, comincio a pensare sconsolato che non imparerò mai. Jacob stranamente sembra avere più fiducia  e pazienza di me.

«Chi vorresti uccidere?» domanda tornando serio d'un tratto e stringe gli occhi.

«Non lo so.»

Mi vengono in mente un sacco di nomi e nessuno. Il boss Nandita, la vecchia Tally, quelli che hanno rapito Soru. Avrei detto Darius se non avessi visto il suo cadavere divorato dalle fiamme. Yu Shang. L'ultimo nome mi provoca un brivido.

Jacob si avvicina da dietro. Deglutisco, sapendo che devo dire qualcosa.

«La vendetta va bene?»

«Vendetta è ottimo motivo. Basta avere certezza. È quella, che decide tra vita e morte. Se hai certezza premerai grilletto. Ora dimmi.» Preme il corpo contro la mia schiena, mi stringe il polso che regge la pistola e appoggiandomi la guancia contro la tempia, estende le nostre braccia unite. Fa scivolare la mano sulla mia, come a volerne assumere il controllo.

«Chi. Vorresti. Uccidere?» scandisce.

Inspiro e trattengo l'aria nei polmoni.

«Il generale Gabriel.» sbuffo infine.

«Bene.» approva, calmo. «Quella è testa di generale. Visualizza dettagli della faccia di porco generale che ride. Guardalo da lontano. Prendi bene la mira.» mi sussurra contro la tempia.

Il colpo mi parte quasi involontariamente mentre sono ancora intento a immaginare la figura del generale da lontano. Ho visto la sua faccia sui giornali che Apsalara usava per incartare la frutta secca allo spaccio. È un tizio alto sui quaranta, asciutto, con un sorrisetto ambiguo. Non è difficile visualizzare la sua testa davanti al cerchio nero del bersaglio ma ammetto che ho capito di averlo preso dall'espressione di esultanza che Jacob mi sibila nell'orecchio.

«Sì! Bravo. Abbiamo finito. Ricordati questa sensazione fino a domani.»

Spinge il bottone e il bersaglio di carta scorre fino a noi, dove lo stacca dalle mollette e osserva, compiaciuto, il foro nell'anello più esterno. È la prima volta in assoluto che lo colpisco. Metto la sicura alla pistola, come mi ha insegnato, e mi avvicino. Dal mezzo sorriso di Jacob, credo abbia capito che mi sto trattenendo dal saltellare in preda all'euforia.

«Sei stato bravo. Non è al centro ma lo sarà presto.»

«Ci riprovo.»

«Domani. Ora vai a cena.»

Esco dal capannone, lasciandolo solo a mettere a posto le armi e le altre cose. In questa settimana mi ha insegnato molto ed io vorreiessere uno studente migliore. Non sono andato a scuola e non sono abituato amemorizzare le cose. Credo che Jacob dopo un po' abbia intuito che capisco meglio i concetti se li associo a un'emozione e da allora le sue lezioni sono più interessanti.

A dire il vero, dovendo risparmiare sulle munizioni, mi sento un po' in colpa a sbagliare. Non sa quanto mi sforzi di impegnarmi eppure finoranon avevo mai colpito il bersaglio. Cominciavo a disperare di riuscirci, invece, pensando di ammazzare quel bastardo che ha sfregiato Dimash e ucciso il suo ragazzo, ce l'ho fatta.

Il giorno in cui tutto cambierà per sempre siavvicina rapidamente e per non stare troppo in ansia, mi faccio aggredire dalsenso di colpa ogni volta che posso. Per esempio, non sono ancora uscito a cercare Soru.

Lo farò appena avrò il nuovo corpo, lo so, ma intanto, se luifosse morto? Sarà stato tutto inutile.

Sono questi i momenti in cui abbiamo bisogno degli déi. Devo conservare la mia fede, proprio ora che le circostanzemi stanno mettendo alla prova. Il potente Marduk mi ha mandato una visione dilui, attraverso gli occhi del Gran Sacerdote; mi ha fatto credere che siaancora vivo e che mi stia aspettando. So che gli déi non mentono ed è per questo, unicamente per questo, che conservo un barlume di speranza.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora