"Axer, esprimi un desiderio." aveva detto Puri, seduta davanti alla tavola imbandita nella stanzetta all'aperto sotto la sopralevata. Sentivo Shereen che saltellava intorno al tavolo, lanciando gridolini tutta eccitata, ma non la vedevo perché Soru, in piedi dietro la mia sedia, mi copriva gli occhi con le mani.
La bottiglia di rosso di contrabbando era quasi scolata ed eravamo allegri, oltre che brilli. La notte afosa ci avvolgeva come una coperta, Puri aveva appena finito di raccontare la storia di uno dei suoi orribili clienti, omettendo i particolari più scabrosi e quando avevamo smesso di ridere, aveva lanciato un segnale a Soru con il mento.
Lui si era alzato, si era messo dietro di me e mi aveva posato le mani sugli occhi.
"Shereen, vai a prendere quella cosa." aveva ordinato alla bambina, che era subito corsa a casa.
"Che succede?" ridacchiai.
"Dalle un minuto e capirai." rispose Puri, ridendo a sua volta.
I fumi dell'alcol rendevano ancora più piacevole il contatto con la pelle del ragazzo che mi piaceva e quando tolse le mani pensai che fosse troppo presto. Ma notai che Shereen era tornata. Sul tavolo davanti a me era comparsa una torta; un dolce fatto con biscotti secchi intinti nel caffè e ricoperto da una crema di latte denso.
"Buon compleanno, Axer!" avevano esclamato all'unisono, scoppiando a ridere della mia espressione stupita, e poi Puri mi aveva chiesto di esprimere quel dannato desiderio.
"Ehm, voglio un passaporto."
"Noooo!" miagolò Shereen. "Non si fa così."
Feci spallucce.
"Ma è quello che voglio."
Puri allora sorrise e trascinando il vassoio con la torta dalla sua parte per tagliarla a fette, si mise a spiegare.
"Quello che intende Shereen, è che sei troppo terra-terra. Devi desiderare qualcosa di grande, è il tuo compleanno."
"Perché? I desideri di compleanno, a differenza degli altri, si avverano?"
Lei mi aveva guardato affilando gli occhi.
"Non si sa mai."
Soru, poggiandomi le mani sulle spalle, si chinò su di me per darmi un bacio sulla guancia, prima di andare a sedersi al suo posto.
"Appunto, è inutile."
"Dai, Axer." aveva detto, prendendo il piatto con la fetta di dolce che gli porgeva Shereen. "Sogna in grande, per una volta."
"Ma non so che cosa dovrei desiderare." mi accigliai.
Lui rise.
"Quello che vuoi."
"E un passaporto per uscire da questa fogna non ti sembra abbastanza?"
Puri prese la bottiglia, aspettando che Soru mandasse giù il boccone, versò quello che restava del vino nei bicchieri.
"Quello è solo un mezzo, una cosa che ti serve per ottenere quello che vuoi." spiegò Soru.
"Esatto." aveva detto Puri, col bicchiere in mano "E adesso, per favore, pensaci bene e poi esprimi un desiderio vero. Fallo nella tua testa, senza dirlo a noi."
"Perché?"
"Così sarai l'unico a sapere se si realizzerà o no."
Mi girai verso Soru, che si strinse nelle spalle.
"Mi sembra giusto." concessi infine.
Nell'afa della sera estiva, sotto la sopraelevata Ishtar calò il silenzio. I miei amici mi osservavano riflettere, mangiando il dolce. Guardai Shereen, che si leccava uno sbaffo di crema dalle labbra, poi Puri che buttava giù l'ultimo sorso di vino, e chiusi gli occhi sul sorriso bellissimo di Soru, mi concentrai. A cosa serviva il passaporto che volevo tanto?
Immaginai di vivere con lui in una casa grande, nel quinto distretto. Avremmo avuto due piani, stanze in abbondanza e un giardino tutti per noi dove invitare gli amici per cena. Servitori che ci aiutavano a cucinare e tenere pulito, acqua corrente nei bagni, illuminazione costante, cibi ricchi e gustosi, vestiti nuovi. Avremmo vissuto da signori, io e lui. E avremmo avuto abbastanza soldi da permetterci di pagare i passaporti anche per Puri e Shereen. Soprattutto, avrei potuto smettere di prostituirmi, lasciarmi alle spalle la vecchia vita nel Terzo Distretto. Saremmo stati schifosamente felici, pensavo.
E adesso, in questo istante, nel palazzo dello Scià, in piedi alla sua destra, adesso che tutto questo è a portata di mano, penso che quel sogno non valeva il suo prezzo.
Il cortile del palazzo è immenso, molto più grande di quello che mi ero figurato dietro le palpebre quella sera, per visitare tutte le stanze ci metterei una settimana. Eppure, se solo potessi passare la notte tra le braccia del mio zingaro, nel bunker di una polverosa base militare nel deserto, o in una tenda qualsiasi in mezzo ai campi, una squallida pensione lungo la strada, ovunque, purché sia con lui. Scambierei un batter d'occhio questo palazzo e questo banchetto sontuoso per una stamberga e zuppa di lenticchie, se servisse a rivederlo.
Ma ho appena imparato che ci sono desideri che non valgono il prezzo che sei costretto a pagare per realizzarli. Soru è imprigionato in un'altra dimensione insieme allo sciamano senza nome e se non faccio qualcosa per aiutarlo, ci resterà per sempre. Non è così che doveva andare. Non è giusto.
Sotto di noi, seduti al tavolo grande, i nobili sono in attesa, con i bicchieri in mano, pronti a brindare. Ho mille occhi puntati addosso, compresi quelli di Mirza e Yashal. Mentre tutti aspettano che dica qualcosa, Raphael mi rivolge un sorriso di incoraggiamento sotto i baffi, con un cenno delle sopracciglia cespugliose mi invita a parlare.
"Ehm..."
Non appena apro bocca il silenzio si fa ancora più pungente, il brusio delle chiacchiere si esaurisce. Devo chiedere qualcosa, adesso, esprimere un desiderio. È così semplice, basta che chieda a mio padre di liberare i giudei. Assalito da un'ondata di nausea improvvisa, serro gli occhi. Il sangue martella nelle orecchie, che fischiano. Raphael si accorge del mio smarrimento e fa un passo avanti, attirando l'attenzione su di sé, si rivolge ai presenti.
"Mio figlio Axaras ha un carattere misericordioso." comincia, aprendo le braccia, come a voler abbracciare la folla. "Ha deciso di domandarmi una cosa che potrebbe indignare alcuni di voi, ma vi prego, mentre formula la sua richiesta, pensate alla pietà del grande e saggio Nabu. L'influenza del dio è grande in lui,"
Smetto di ascoltare quando caccio la mano nella tasca della vestaglia e tocco il pesciolino di legno. È uno di quelli che ho raccolto dal pavimento nell'ufficio di Mireu. L'ho portato apposta per l'occasione. Pensavo che, se mi fossi agitato troppo, pensare a Dimash mi avrebbe calmato prima di scatenare la furia del clone. Passo i polpastrelli sui contorni lisci, la pinna, la coda, richiamo alla mente i colori. In effetti un po' mi calma. Giallo, blu, forse qualcos'altro. Pensare che sia in prigione con Jon e Jacob mi fa salire le lacrime agli occhi. E io con una semplice richiesta posso farli uscire, mettere fine a questa brutta storia.
La prima volta che osservai Dimash intagliare un pesciolino, tentai di sedurlo per portarlo dalla mia parte. Ero solo, spaventato e stavo per imbarcarmi in un'avventura più grande di me. Pensavo che un pompino fosse un'ottima idea per iniziare col piede giusto, ma lui mi respinse. Mi chiese se non avessi un briciolo di dignità e, non è che non fossi mai stato malmenato, ma bastarono due parole a colpirmi con la forza di uno schiaffo. Fu un colpo che bruciava più delle botte di Darius, faceva male più dei calci delle sentinelle che il giorno prima mi avevano quasi spaccato lo stomaco. In quel momento realizzai che ero una troia, uno che si vendeva sempre e comunque, perché non aveva mai conosciuto altra moneta di scambio. La sgridata di quel ragazzo sconosciuto mi aveva fatto considerare che forse, al mondo c'era dell'altro, a parte scopi e mezzi da usare per raggiungerli. Mi addormentai sfinito dalle emozioni, pensando che la miseria mi aveva reso arido anche dentro ed era una sensazione orribile.
Mio padre mi guarda da vicino, i baffi sollevati da un sorriso orgoglioso. Gli altri nobili, seduti intorno al tavolo del banchetto, pendono dalle mie labbra. Vedo l'amica della signora Moshali sventagliarsi sotto il mento, Yashal che con le lenti a contatto scure da lontano sembra quasi un altro e Mirza che gli dice qualcosa nell'orecchio.
Aspettano tutti che prenda la parola.
"Padre... ehm, ti ringrazio."
Raphael mi incoraggia a continuare con un cenno.
"Desidero, cioè... il desiderio che voglio esprimere è..."
...rivedere Dimash.
Scorro le facce degli ospiti, un caleidoscopio di bocche socchiuse, bicchieri a mezz'aria e occhi puntati su di me. Devo fare la cosa giusta, penso chiudendo gli occhi, perché Puri diceva che i desideri si esprimono a occhi chiusi. Inspiro forte tutta l'aria che ci sta e spero che Olivia e Mireu riescano ad assaltare le prigioni. Non mi azzardo a mettermi in contatto con loro perché temo che lo sciamano possa approfittarne per prendere ancora possesso del mio corpo. Devo stare lontano dalla nostra connessione per mantenere il controllo, quindi posso solo sperare... che siano loro a liberare i giudei stanotte perché io ho un solo desiderio da esprimere e... ma quello che si sbraccia laggiù in fondo, vicino dietro la siepe perimetrale... è Kain? Che diavolo sta facendo?
"Padre, la mia richiesta potrà sembrarti singolare e anche assurda ma ti giuro che è tutto vero." esordisco, girandomi verso di lui. "Mi fido di te e so che manterrai la parola."
Raphael aggrotta la fronte, tuttavia annuisce una volta, con una certa solennità.
Quello laggiù è proprio Kain. Mi fissa con insistenza e mi chiama da lontano muovendo le braccia nell'aria. Non appena si accorge che l'ho visto, mi fa cenno con la mano di andare da lui. Da come si agita sembra una cosa urgente.
Merda.
"Beh, sapete tutti che il Presidente Colonnello aveva un figlio. Fuggì con sua madre in Nubia tanti anni fa."
Dal banchetto si leva una cacofonia di borbottii e devo alzare la voce per farmi sentire, ma Raphael fa un passo avanti, si intromette:
"Forse è una storia che il popolo ormai ha dimenticato."
Affila gli occhi, scuotendo la testa. Credo si stia chiedendo dove voglio andare a parare. Il suo sguardo severo mi spinge a deglutire.
Kain continua a sbracciarsi da lontano, esasperato. Smette solo quando Raphael si gira verso di lui, e fa finta di niente. Ma che cazzo fa?
"Se l'hanno dimenticata, sono qui per ricordargliela." affermo con più decisione di prima. "Sono in contatto con il figlio del Presidente. Lontano da Alchera soffre molto, padre. Vedo la sua sofferenza e non posso ignorarla, perciò userò il mio desiderio per chiederti di riportarlo in patria."
Raphael spalanca gli occhi, quando aggiungo sottovoce: "E di trasformarlo in un clone."
Stavolta è lui a deglutire, il pomo d'Adamo sobbalza, i baffi fremono, anche se con la testa
"Ne discuteremo in privato." sibila sussurrando, poi distende l'espressione per rivolgersi ai presenti di sotto.
"Il desiderio è accordato. L'esilio di Nebuzaradan e di sua madre Michela Cossu è revocato."
È la prima volta che sento il suo nome. Che buffo, pensavo non ne avesse uno.
"Ti ritieni soddisfatto?" domanda solennemente, drizzando la schiena.
Annuisco, stordito e confuso ma soddisfatto proprio no. Ora che ho buttato all'aria la possibilità di liberare Jon e gli altri mi sento svuotato. Che cosa ho fatto? È per Soru, mi dico, senza riuscire a fermare le lacrime che affiorano. Se lo sciamano avrà il proprio corpo, la sua anima sarà libera dal cristallo e anche quella di Soru, che non dovrà più trattenerlo.
"Grazie, padre. Adesso se vuoi scusarmi solo un attimo..."
"Dove vai?" sento la voce di Raphael accompagnarmi giù per la gradinata.
"Torno subito." mormoro, senza voltarmi indietro. Uno dei valletti coglie la mia risposta e riferisce allo Scià a bassa voce: "torna subito."
La sua solerzia mi fa sorridere, anche se ho la vista appannata.
Il chiacchiericcio ha ripreso ad animare la notte dei nobili, i camerieri stanno servendo il dolce, Yashal si è alzato in piedi approfittando della confusione e mentre passo mi blocca.
Prima che possa aggiungere parole all'espressione scioccata, alzo una mano per impedirglielo.
"Ma... Axer...!"
"Più tardi. Ne parliamo più tardi."
Dietro di lui, Mirza seduto davanti alla torta di mandorle ha girato solo la schiena verso di me. Mi fa vedere che scuote la testa, anche lui si starà chiedendo che cazzo sta succedendo.
Lascio Yashal indietro come uno stoccafisso e finalmente raggiungo la siepe dove c'è Kain. Il sordo ha smesso di agitarsi. Sta fumando una sigaretta, mezzo nascosto dalle fronde. La siepe divide la zona del cortie dove si sta svolgendo il banchetto degli schiavi da quella dei nobili. Al di là c'è un tavolo più piccolo e molti stanno in piedi, ma comunque si accalcano al buffet, chiacchierano, scherzano, ascoltano la musica dell'arpista. La loro festa è più vivace della nostra. Non appena Kain mi vede arrivare, mi porge un foglietto piegato in quattro e si allontana.
La luce della torcia che illumina quest'area basta per leggere il contenuto. Ha scritto a mano:
'Sentito Mireu. Lui e Olivia sono entrati. I giudei non sono alla prigione.'
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Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)
AdventureAxer, appena diciottenne, vive con Sorush, il suo migliore amico, per cui ha una cotta segreta. Si prostituisce per mantenere entrambi e deve guadagnare abbastanza soldi per il passaporto che gli permetterà di entrare nei distretti alti e cominciar...