Capitolo 34

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Quando arriviamo alla base nel deserto, gli altri ci hanno lasciato sul tavolo gli avanzi della cena. Jonath vuole sentire le mie impressioni su Yashal ed è difficile parlarne perché il ragazzo mi ha lasciato l'amaro in bocca col tocco delle sue labbra avvelenate e un sacco di domande, che orgogliosamente mi sono rifiutato di rivolgergli. Perciò cerco di soddisfare la curiosità del capitano parlando del suo cazzo, della gabbietta e lui scoppia a ridere.

«Okay, okay. Scusa se te l'ho chiesto. Non è un mostro, è una persona normale. Solo con fasci di neuroni potenziati. Era questo che volevo che notassi, perché...»

Stringo il pugno sul tavolo e mi lecco le dita dell'altra mano, che ho usato per mangiare, mentre lui lascia cadere la frase nel vuoto, aspettando che continui io.

«Ho paura dell'operazione, sì. Però ho deciso di farlo e andrò fino in fondo. Non mi tirerò indietro, se è questo che ti preoccupa.» ammetto infine.

Jonath si alza, fa il giro del tavolo e viene a scompigliarmi i capelli. Sorride.

«Hai un bel caratterino, tu. Confesso che ammiro il tuo coraggio. Sarai un ottimo soldato.»

Così dicendo mi lascia a finire di mangiare da solo.

«Ti ringrazio, Capitano.» gli dico quando è già sulla soglia. Lavare i piatti, naturalmente, tocca di nuovo a me.

La notte senza Soru è sempre il momento più duro. Le ore scorrono lente. Mi rigiro nel letto e non riesco ad addormentarmi, con tutte le nuove emozioni che ho vissuto che mi girano in testa. Lui era il mio punto fermo. Nel nostro letto, tra le sue braccia trovavo il porto pacifico dove lasciare la barca senza paura che arrivassero le onde a distruggerla. E ora mi sento come un legno alla deriva. Guardo i numeri luminosi sull'orologio. Non sono neanche le undici di sera. Ed io, che credevo fosse già quasi ora di alzarmi. Butto giù i piedi dal letto e mi infilo i sandali. Mi dirigo in cucina a prendere un bicchiere d'acqua per seguire il consiglio di Mirza di bere di più ma appena esco in corridoio sento un rumore, che mi fa voltare la testa dalla parte della stanza in fondo.

Incuriosito, mi avvicino a piccoli passi nel buio. La porta di Dimash è aperta. Lui è seduto al tavolo, mi dà la schiena. Sta canticchiando una melodia con la voce bassa e vibrante sotto la maschera antigas.

«Dima.»

Smette e si gira a guardarmi, rivelandomi che in mano tiene un coltellino, e subito dopo torna al suo daffare.

«Scusami per stamattina. E grazie per avermi riportato il borsone.»

«Ah, lascia perdere.» grugnisce. Sorridendo tra me mi avvicino. Sta intagliando un minuscolo bottoncino di legno liscio, che assume sempre più l'aspetto di un pesce. Sul tavolo ce n'è una miriade, noto stupefatto. Vicino a due barattoli di vetro che contengono rispettivamente pennelli e vernice di colore giallo, ci sono due file di pesci, tutti diversi, presi per un filo e inanellati uno accanto all'altro.

«Una collana?»

«È per mia cugina Marlee.» risponde, senza alzare lo sguardo.

Sorrido, osservando i pezzettini intagliati.

«Perché dei pesci?»

«Per ricordarle quanti ne ha presi in vita sua. È un dono di nozze, si sposa il mese prossimo.»

Scoppiando a ridere vedo un sorriso nei suoi occhi, che solleva leggerissimamente la maschera antigas. Dimash scrolla le spalle, si raddrizza e stiracchia la schiena.

«Marlee mi prende sempre in giro per il mio orientamento sessuale ma in realtà adorava Fardan.»

«È il tuo...» gli domando stupito.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora