Capitolo 24

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La carovana degli zingari avanza ed io con loro. È come un fiume silenzioso che attraversa la via principale dello slum. Passiamo davanti a baracche costruite con materiali di scarto e tunnel di cemento chiusi da tende di plastica. Quasi inciampo in un paio di piedi polverosi che sporgono da un giaciglio ricavato con uno scatolone. Lo zingaro che mi cammina accanto sogghigna e mi dice qualcosa nella sua lingua, prima di tornare a chiacchierare con i suoi amici. Mi hanno spinto verso il lato esterno, perciò devo fare attenzione a dove metto i piedi e non è facile con un occhio gonfio e tutto il sonno arretrato.

All'improvviso mi sento tappare la bocca con forza da una mano grande. Qualcuno mi trascina all'indietro e non ho il tempo di ribellarmi che mi ritrovo in una tenda. In piedi davanti a me c'è il soldato con la maschera antigas. Mi guarda reclinando il capo da una parte.

"E così, hai usato la mia parola d'ordine."

"Me l'hai dato per questo, no? Il kajal." arretro, sulla difensiva. Lui alza le spalle.

"Partiamo appena mi fanno sapere che la via è libera."

Si volta di schiena. Nella tenda di quattro metri per due c'è solo un tavolino da campo e una branda a fasce di paglia piuttosto lurida. Il ragazzo si lascia cadere seduto sullo sgabello sbilenco accanto al tavolo dove ha lasciato la sua tazza di stagno e si mette a sganciata la maschera dal lato del profilo che non mi mostra, si mette a bere. Quando ha finito si gira a guardarmi. Incurva le sopracciglia. Con un brontolio mi indica la branda.

Mi trattengo dal sospirare perché non sarebbe educato, anche se in questo momento mi vengono in mente una miriade di cose che preferirei fare, mi siedo sulla branda, ad aspettare. Lui poggia i gomiti sul tavolino e fissa un buco nel tessuto della tenda. Il tempo sembra non passare mai.

"Mi infilerai in una scatola di latta per passare la dogana?"

Da come mi guarda e grugnisce, non credo gli sia piaciuto che io abbia rotto il silenzio. Basandomi solo sugli occhi, direi che la sua espressione è seria, però le sue parole suonano divertite; come se mi stesse prendendo in giro, insomma.

"Dal secondo distretto in poi non ci sono dogane." spiega e vedo le sue iridi fare un mezzo giro davanti al mio sbigottimento. "Sei sopreso? La città più blindata del mondo non è poi così blindata come sembra. Ci sono le sentinelle con i fucili a fare la guardia ma niente porte. Non gli frega niente di chi entra o esce. Basta che quando esci loro stiano guardando da un'altra parte. Ti consiglio di riposare perché staremo qua dentro qualche ora."

Mi alzo dalla brandina perché non sopporto più di stare seduto. Lui mi osserva sospettoso muovere qualche passo per la stanza. Forse imbarazzato per essere stato beccato a fissarmi, arrossisce, distoglie lo sguardo. Tira fuori un punteruolo e un blocchetto di legno dalla tasca dei pantaloni e si mette a intagliare qualcosa.

Sorridendo tra me penso che forse posso sfruttare il suo imbarazzo a mio vantaggio. So che è gay e che io gli piaccio. Mi ricordo quanto era frustrato per non riuscire a penetrarmi fino in fondo con il suo arnese enorme. Le buone relazioni prima di tutto.

È spaesato quando mi inginocchio a terra e gli poso le mani sulle ginocchia. Senza parlare mi avvicino e comincio ad accarezzarlo. Cerca di ignorarmi ma le sente, le mie dita che scorrono fino all'inguine e poi si ritraggono, senza toccare il punto più sensibile. Devo ammettere che sono curioso di rivedere il suo affare gigante. Vorrei spogliarlo. Finalmente non resiste più. Mi afferra i polsi con forza e ringhia.

"Lasciami stare."

"Pensavo che gradissi un servizietto. È per ringraziarti. È gratis. Non ti chiederò dei soldi, puoi stare tranquillo."

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora