Capitolo 13

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Rabbrividisco, mio malgrado, guardando Adidi, e noto che i suoi occhi si dilatano per un secondo. Il sacerdote ha ragione. I morti che non ricevono offerte di cibo sono condannati a patire la fame e la sete per l’eternità, nelle vie polverose degli inferi. Chiudo gli occhi e immagino Puri, scheletrica nella sua tunica mortuaria, che solleva, senza espressione sul volto incavato, la serranda polverosa della sua stanza, nel regno dei morti. Il chiavistello è arrugginito e appena lo tocca si sfalda come un grumo di sabbia. Lo smile sulla serranda è sbiadito e ha girato il sorriso all’incontrario. In un sospiro chiedo, sapendo già la risposta:
“Possiamo fare qualcosa?”
“No,” risponde il sacerdote, “non siete della famiglia.”
Adidi lasciando cadere la sigaretta fumata a metà, pesta un piede per terra in un gesto frustrato. Non immaginavo che tenesse tanto a Puri. O forse, è l’idea della morte a spaventarlo. Lui è solo al mondo. Quello che spetta alla ragazza, sarà anche il suo destino, se morirà senza figli.
“Sei certo che non ci sia nulla che possiamo fare?”
La figura incappucciata resta in silenzio per qualche istante, poi da sotto il cappuccio da cui s’intravede solo la metà inferiore del volto, sembra sorridere.
“Esiste un modo. È un rituale molto antico, in cui si può offrire all’anima del defunto una libagione talmente ricca, che non smetterà di nutrirla per secoli. È un rituale che i sacerdoti e le sacerdotesse di Marduk praticano come servizio estremo. Un sacrificio totale, che il Re degli Inferi, Nergal, riceve con estremo piacere. Si tratta della prostituzione rituale.”
Adidi ha un’espressione confusa.
“Che intendi per…”
“Ci sta dicendo di scopare con lui.” Rispondo a denti stretti al posto del sacerdote, che alzando la voce tuona:
“Non essere blasfemo! Non tollero questo linguaggio nella casa degli dei!”
“Come se gli dei abitassero ancora qui, nel terzo distretto! Ormai nessuno viene più al tempio a pregare. Voi sacerdoti servite solo per i funerali ed è per quello che il governo continua a pagarvi lo stipendio. Io parlo come mi pare.”
“Ah, è così che la pensi?”
Il sacerdote non si offende per le mie parole, anzi sembra divertito. Si toglie il cappuccio, scoprendosi il volto completamente. È un uomo sui trent’anni. Ha il capo rasato, occhi verde chiaro e labbra sottili. Non è una bellezza, ma non si può neanche definire brutto. Sulla fronte ha un tatuaggio, un simbolo religioso. Mi guarda con un sorriso stampato in faccia.
“Ammetto che quello che dici è perlopiù il sentire comune dei fedeli, da quando è scoppiata la guerra. Io c’ero. Sono sempre stato qui, in carica di Gran Sacerdote. Ho accolto le loro lamentazioni, ho ascoltato i loro dolori e sono stato presente a tutti i funerali. La gente del terzo distretto ha perso tutto, ma sai cosa ti dico? Saresti sorpreso di sapere che molti non hanno perso la fede. Vengono qua di notte, nei momenti in cui pensano di non essere visti, ora che chi ha conservato intatte le proprie credenze, le credenze millenarie della tradizione alcheriana, è tacciato dagli altri come un illuso, un credulone. Come ladri s’intrufolano nel tempio, tenendo nascoste le loro devozioni ad amici e parenti, per vedermi officiare gli antichi rituali. Vengono a chiedere la grazia agli dei, esattamente come prima della guerra e ne traggono sollievo.”
No, penso. Non esiste sollievo. Non finché non avrò ritrovato Soru. Dovesse costarmi il mio ultimo respiro. Gli dei non muoveranno un dito per aiutarmi, come il solito, ma io lo troverò e lo riporterò a casa.
“Tu,” dice il sacerdote additandomi, “pensi che Marduk abbia perso la vista. Lo sento. Il dio non è cieco, ragazzo. Lui vede tutto, sente tutto. Se ti rivolgi a lui con devozione, potrebbe anche decidere di aiutarti.”
Mi chiedo se il sacerdote non abbia il dono di leggere nel pensiero.
“Facciamolo.” Adidi si fa avanti. “Facciamo il rituale per l’anima di Puri.”
Il sacerdote, guardando Adidi negli occhi, annuisce gravemente, poi entrambi guardano me.
“Va bene. Ma se non funziona, ti verrò a cercare negli inferi. Quando sarò morto, avrò un sacco di tempo e lo userò per tormentarti.”
Una risata a bocca chiusa, greve, profonda come la sua voce, decreta la fine della nostra conversazione. “Avete accettato entrambi. La vostra amica riceverà il suo nutrimento per mezzo del sacrificio rituale.”
Si gira e fa per tornare nelle stanze interne da dove è venuto, quando per un secondo si ferma, gira solo la testa, rivolto a me, i nostri occhi s’incontrano di striscio. “Hai visto? Anche tu non hai perso del tutto la fede. Per il mondo, anche nelle ere più oscure, c’è sempre un barlume di speranza.”
Così dicendo se ne va e ci lascia ad aspettare nel cortile. Quasi subito escono due uomini incappucciati e ci dicono di seguirli. Adidi sembra più convinto di me di questa cosa, mentre camminiamo, gli chiedo:
“Perché lo fai? Sembra che tu tenga all’anima di Puri anche più di me.”
“Ti stupisci?”
“Dico solo che è strano. Pensavo che non t’importasse più di tanto.”
“Va bene, ora che lei non c’è più, posso anche confessartelo. Puri era la mia amante.”
“Che cosa?”
“Progettavamo di fuggire insieme. Con abbastanza soldi per i passaporti e per rifarci una vita altrove, avremmo preso Shereen e saremmo fuggiti dalla città. Pensavamo di andare in Egitto.”
“Non ci credo. Lei non mi ha mai parlato di una cosa del genere.”
Puri mi diceva tutto di sé… o almeno così credevo.
“Lo so, mi aveva fatto giurare di non parlare di noi a nessuno e lei ha sempre fatto lo stesso. Dovevamo tenerlo nascosto a tutti i costi per cui non prendertela troppo, se non lo sapevi.”
Se quello che dice Adidi è vero, adesso posso capire perché lei facesse due lavori, al lavatoio e vendendo il suo corpo. Comunque è un bastardo. Anche se ama Puri, continua a venire a letto con me e con chissà quanti altri. Io, appena ho capito di amare Soru, ho desiderato di essere l’unico per lui, mi sono anche fatto pestare da Darius per questo motivo, cazzo. Non posso capire cosa gli passa per la testa.
“Lei diceva sempre che avrebbe voluto vivere come una donna egiziana. Per come la vedeva lei, là c’è prosperità, si vive in modo dignitoso.”
“E tu, come la vedi?”
Lui alza le spalle. “Almeno non c’è la dittatura. Sono stanco di portare questo fucile e di dormire con un occhio sempre aperto.”
“E Kayla?” La sua ragazza. Anche se la tradiva con tutti, maschi e femmine, doveva importargli qualcosa di lei.
“Kayla mi tiene d’occhio. Sta con me, ma ormai sono mesi che ho scoperto che in realtà è una spia del Boss Nandita. Per questo quando sono in pubblico, devo stare attento a lodare i padroni. Devo dire in giro quanto amo il mio lavoro, quanto mi piace fare la sentinella e fare il duro. Lei aspetta solo che io faccia un passo falso per riferirlo al Boss. Allora Nandita vorrà la mia testa e lei sarà lieta di consegnargliela.”
“Non mi ha mai dato questa impressione. È una ragazza tranquilla.”
Adidi smette di camminare, si ferma solo per piantarmi negli occhi uno sguardo duro.
“Sei così ingenuo, Axer. Non capisco come hai fatto a sopravvivere tanto a lungo in questo mondo.”
Sto per ribattere, quando i due sacerdoti incappucciati si fermano davanti a una porta. Ci fanno cenno di entrare per primi. Adidi senza fare storie consegna il fucile a uno dei due. È una stanza immersa nel vapore caldo. Sembra una sala da bagno, piastrellata completamente, dal pavimento al soffitto, da piccoli quadratini grigi di mosaico. È piuttosto spoglia, non fosse per un lungo lavabo nel mezzo. Sul lato destro c’è una stanzetta più piccola, in cui intravedo due alti tavoli di marmo nero e da cui arriva vapore più caldo.
Il Gran Sacerdote entra dalla porta dietro di noi.
“Questo è il tepidarium. Serve a purificare i vostri corpi dalle tossine prima che inizi il rituale. Spogliatevi.”
Mentre ci liberiamo completamente dei vestiti, che gli altri due sacerdoti si affrettano a raccogliere e portare fuori dalla stanza, lui continua a spiegare.
“Ora vi sarà fatto un clistere depurativo con l’acqua della fonte del tempio. In seguito, potrete liberarvi nelle cloache adiacenti.” Seguiamo con lo sguardo il gesto della sua mano che indica una stanzetta uguale a quella con i tavoli, ma dalla parte opposta del tepidarium. “Quando sarete completamente purificati, potrete raggiungermi nel sotterraneo. Fate con calma, i morti hanno tutta l’eternità da attendere.”
Con queste parole si congeda da noi, esce dalla porta e dietro di lui subito entrano i due sacerdoti incappucciati spingendo due carrelli di legno identici. Sul ripiano inferiore è poggiato un secchio pieno d’acqua, su quello superiore una sacca di pelle unita a un lungo tubo con una cannula di plastica in fondo.
I sacerdoti, senza parlare ci spingono verso la stanzetta e ci intimano di salire sui tavoli. Io e Adidi ci stendiamo sul fianco, con le schiene rivolte una verso l’altra e le facce al muro. Non sono totalmente sprovveduto, so cos’è un clistere, e non voglio vedere la sua faccia in questo momento. O forse non voglio che lui veda la mia. È umiliante. Sento i sacerdoti che spingono i carrelli vicino ai tavoli su cui siamo stesi, trafficano per riempire le sacche e appenderle ai ganci che s’innalzano dai carrelli. Il sacerdote mi tocca sul fianco con una carezza leggera. Poi sento che mi separa le chiappe con una mano e con la punta del suo dito mi applica un qualche unguento sul foro, con un movimento circolare. Ora mi appoggia la cannula contro l’ano e spinge per farla entrare. Adidi soffoca un lamento con un colpo di tosse. Quasi subito sento l’acqua che lentamente m’invade dentro. Cerco di rilassarmi. Conto i secondi. Per quasi un minuto non sento particolarmente fastidio, poi la sensazione dell’acqua che mi riempie la pancia comincia a farsi spiacevole, finché sento che sto per scoppiare, non ce la faccio più. I muscoli dell’addome mi tirano e mi fanno male.
“Basta…” mormoro. Subito il sacerdote incappucciato si avvicina, mi sfila la cannula con delicatezza e mi aiuta a scendere dal tavolo. A gambe chiuse raggiungo la cloaca per liberarmi.
Sono fortunati i sacerdoti ad averne una all’interno della loro casa. Non devono mai andare ai bagni pubblici. E anche il tepidarium, con il lavabo. Mi chiedo se, in effetti, non abbiano l’acqua corrente; un privilegio che pensavo fosse solo dei boss di quartiere. Ora che ci penso, non ho mai visto un religioso fare il bagno al pozzo. Mentre torno a stendermi sul tavolo, dove il sacerdote mi attende per un altro lavaggio, incrocio Adidi che si sta dirigendo alla cloaca e penso che stia affrontando questa prova a testa alta, cosa che non mi aspettavo da lui. Non parla. Probabilmente è concentrato nella sacralità del rituale, o forse pensa a Puri, non saprei.
Quando abbiamo finito i sacerdoti non ci fanno rivestire. Ci conducono direttamente alle scale che portano ai sotterranei. Dopo il calore del vapore nel tepidarium, l’aria del pomeriggio che m’investe la pelle bagnata, mentre attraversiamo il cortile, mi sembra fredda. I due incappucciati si fermano ai lati di una scalinata di pietra che scende sotto terra. Io e Adidi proseguiamo da soli.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora