Capitolo 63

637 45 18
                                    


Jonath smette di fissare il soffitto e si gira verso di me. Trattiene il respiro per qualche secondo.

"Ti piace Dimash?"



"Io ah... cioè... non..." arrossisco, balbettando. Jonath sorride come uno che pensa di avere capito tutto, e nello stesso istante la mia mente formula il pensiero che non abbia capito niente. Però non riesco a dirlo e lui si stacca da me per sedersi sul letto e allungandosi verso il comodino si serve del mio pacchetto di sigarette. Ne accende una, tornando a sdraiarsi accanto a me, ma non mi abbraccia e comincio a sentirmi troppo nudo.

Mi alzo, con la scusa di farlo sistemare più comodo e apro l'anta dell'armadio in cerca di un paio di pantaloni puliti e una maglietta. Dato che il silenzio sceso tra noi mi irrita, mi schiarisco la voce.

"Hai evitato di rispondere alla mia domanda."

"Anche tu."

Sbucando con la testa dal collo della maglietta, mi giro a guardarlo. Per qualche istante non facciamo altro che fissarci. Jonath socchiude l'occhio, fumando mi guarda intensamente. Ed è lui a cedere per primo.

"L'amore, dicevi." Considera, sollevando il mento per soffiare il fumo in alto. Annuisco, quando torna a concentrarsi su di me.

"Prima ti ho detto una cazzata, senza pensare. Non è vero che un giorno lo capirai per forza. Avrai sempre il dubbio e a un certo punto, diventerà... troppo da sopportare."

Il suo occhio guarda davanti a sé, ma ho l'impressione che sia puntato più oltre, su uno schermo immaginario dove scorrono i suoi pensieri, o ricordi, chissà. Mi sorgono mille domande, ma voglio aspettare ancora un secondo, sperando che si apra lui, spontaneamente. Jonath inspira una boccata dalla sigaretta e mentre riflette, il fumo gli sfugge dalle narici.

"È un'ossessione. Non puoi smettere di pensarci. Ma non puoi negarlo. È successo. I dubbi ti tormentano ogni volta che sei solo. È per questo che odio stare solo. Mi chiedo," si allunga di nuovo verso il comodino, stavolta per schiacciare il mozzicone consumato nel posacenere di metallo. Tornando a posare l'occhio su di me, sorride con un angolo della bocca. "quando mi ritiro nella mia stanza da solo, intendo, tutte le notti mi chiedo perché, perché Olivia si sia buttata davanti al plotone di esecuzione per me e mi uccide non sapere se l'abbia fatto perché era un clone ed era certa che gli stessi governativi che la freddavano l'avrebbero riportata in vita. L'avrebbe fatto comunque, se fosse stata umana? Non lo so. Ed io, che credevo di amarla, era vero oppure la mia era soltanto gratitudine, un'infatuazione, ammirazione o che altro? Siamo creature deboli e vanitose. Solamente Dio può capirci e perdonare la nostra crudeltà. Se ci pensi bene, capirai che molto di ciò che facciamo, anche l'impresa più eroica, in fondo è per noi stessi. Tu sei venuto da me dicendo di amare un ragazzo e adesso, dopo neanche tre mesi, ti chiedo se ti piace Dimash e non mi sai rispondere."

"I sentimenti... cambiano?" azzardo, trattenendo il respiro. Jonath sbatte le palpebre e mi guarda da lontano, scuotendo la testa con un lievissimo movimento.

"Otto anni senza vederla e non sono cambiati."

Trasalgo, perché non mi aspettavo di vederlo alzarsi dal letto. Le sue parole affondano nella palude ovattata della mia mente confusa. Mi viene incontro, fino a posarmi entrambe le mani sulle spalle. Inclina la testa e sorride, sollevando le sopracciglia.

"Io sono cambiato."

Stavolta non riesco a fare buon viso a cattivo gioco e non posso evitare che noti l'ombra che mi è scesa sul volto, mentre distolgo lo sguardo dal suo. La presa delle dita sulle mie spalle si intensifica.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora