Capitolo 27

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Entro in cucina dove sono tutti seduti intorno al tavolo e Jonath mi invita a sedermi tra lui e Dimash, che sta sgranocchiando in silenzio una mezza pannocchia arrostita. Mirza dal lato opposto, interrompe la conversazione che sta avendo con Jacob nella loro lingua e mi sorride.

«Finalmente sei arrivato. A noi piace mangiare in compagnia. Tieni, serviti.» dice spingendo verso di me la ciotola delle pannocchie ma Dimash con uno scatto fulmineo gli afferra la mano sul tavolo, spaventandomi. Grugnisce, fa un cenno con gli occhi e lo sguardo interrogativo di Mirza si trasforma in uno di comprensione. Quando gli lascia andare il polso e torna a concentrarsi su quello che sta mangiando, Mirza si rivolge a me.

«Vuole che assaggi prima il riso speziato. Noi lo abbiamo già mangiato.» così dicendo toglie il coperchio a una pentola che prima non avevo visto, perché non mi ero arrischiato a guardare dalla parte di Jacob. È stata raschiata quasi fino all'osso ma ci sono ancora da raccogliere un mucchietto di riso e del condimento di uva passa e carote. Il mio stomaco fa un rumore che somiglia al rombo di una moto al vederlo e Jonath e Mirza si mettono a ridere.

Mi viene servita una porzione abbondante, tanto che non riesco a finirla tutta e Jacob si innervosisce.

«Devi mangiare. Non vedi che sei tutto pelle e ossa?» mi apostrofa con cattiveria nel suo marcato accento straniero. Dimash e Mirza si sono alzati da un pezzo e se ne sono andati nelle loro stanze. Per mia fortuna Jonath è rimasto qui, forse a difendermi da lui; sta in piedi con la schiena appoggiata al ripiano della cucina, a trafficare col suo tablet.

«Lascialo perdere,» interviene posandomi una mano sulla spalla e rivolgendosi a Jacob. «tra qualche giorno questo corpo non gli servirà più.» mi fa l'occhiolino. Jacob rotea gli occhi e borbottando qualcosa esce dalla cucina.

Jonath si siede vicino a me. Spinge via il mio piatto mezzo pieno e posa sul tavolo il tablet spento.

«Oggi pomeriggio grazie al d.n.a. che ti abbiamo prelevato, abbiamo impostato le macchine incubatrici con i tuoi valori e presto, diciamo tra una settimana, il tuo corpo da clone sarà pronto. Allora faremo il trasferimento di coscienza.»

«Avete già preso il mio... come avete fatto?» sbottò sconvolto. Il pensiero che facciano i propri comodi alle mie spalle è un amaro déjà-vù.

Si indica la testa e sta per scoppiare a ridere, ma torna subito serio notando la mia faccia preoccupata.

«Tranquillo. Ci serviva soltanto uno dei tuoi capelli. Pensa che il clone nascerà da quello. Incredibile, vero?»

«Già.»

Talmente tanto che non riesco a crederci. Ho l'impressione che mi stia prendendo in giro. Però non voglio ammettere che il suo discorso di prima sulle leggi del suo paese e la gerarchia mi ha inquietato. Se protesto, potrebbe sbattermi in prigione, o roba del genere?

«Il nuovo corpo sarà identico a questo. Solo con fasci di neuroni potenziati per farti avere una forza e velocità fuori dal comune. Il fatto che tu sia un mezzosangue assicurerà la riuscita dell'operazione senza intoppi.»

Forse avrei dovuto smettere di mangiare prima, perché tutto quel riso ora minaccia di risalirmi per lo stomaco.

«E chi lo farà? Avete anche una squadra di medici a disposizione per fare questa cosa?»

«Mirza è un chirurgo molto bravo. Studia i tuoi parametri vitali da quando ti abbiamo conosciuto. Si occuperà lui dell'operazione.»

Ridacchia davanti alla mia espressione di sgomento.

«L'ho voluto nella mia squadra perché dopo essere uscito dall'università militare con il massimo dei voti si è fatto notare sul campo come medico d'urgenza. Ha salvato gli arti a soldati che non potevano sperarci, vista l'estensione delle loro ferite. Come? La sua tecnica di ricostruzione dei tessuti è uno dei più grandi doni alla scienza che sia mai stato fatto al mio Paese. Ha scritto molti validi articoli di biogenetica, sai, mettendo in discussione persino le tesi di professori stimatissimi, che sembravano inattaccabili.»

Leggermente rincuorato, lancio un'occhiata alla porta.

«Allora, posso sapere perché hai arruolato Jacob?»

Lui sorride, ammiccante.

«Domani inizierai l'addestramento alle armi con lui e lo capirai da solo.»

Si alza e va verso la porta.

«Tocca a te lavare i piatti. Si fa a turno. Quando hai finito, vai a riposare. Domani sarà una giornata impegnativa.»

Sono contento di avere qualcosa da fare per ammazzare il tempo. Le ore della sera sono le più difficili da superare senza Soru. Ora le posso anche contare, con l'orologio super tecnologico che mi ha dato Mirza insieme ai vestiti e gli scarponi. È bello, ha un cinghietto di plastica nera e sul display i numeri si illuminano di una luce verdognola e si trasformano l'uno nell'altro con il passare dei minuti, come in un gioco di magia con le carte. È il tipo di tecnologia proibita che il regime militare ha vietato ai cittadini, ma ora sono un membro dell'esercito di un altro Stato e posso portarne uno, anche tra i confini di Alchera. È forte.

Però, dopo mezz'ora esatta, steso sul mio letto al buio, sono stanco di guardare i numeri luminosi. Non so cosa fare. Non ho ancora sonno, dato che ho dormito durante il giorno. Mi alzo, e camminando in punta di piedi nel corridoio, vado a esplorare la base. Molte delle porte di ferro sono chiuse e dai lunotti non si riesce a scorgere nulla con il solo ausilio della lucina dell'orologio. Dovrò rimandare la curiosità a domani, penso e faccio per tornare in camera.

Poi però noto una lama di luce verticale. Una delle porte in fondo al corridoio è socchiusa e da là dentro provengono dei rumori strani. O dovrei dire familiari. Mi avvicino in punta di piedi e mi appiattisco contro il muro per sbirciare dentro. Quasi mi strozzo con la saliva per la scena che mi ritrovo davanti.

C'è uno specchio in fondo, sulla cassettiera alla parete, che riflette quello che succede nella stanza.

Dimash è sul letto, nudo sulle mani e ginocchia; la sua maschera antigas è inconfondibile, anche se ha la testa premuta contro il materasso e quello che lo sta scopando da dietro deve essere Jonath. Non lo vedo bene, a dire il vero, riesco a scorgere solo i suoi addominali scolpiti che dondolano avanti e indietro. Trattengo il respiro, pensando che devo andarmene subito, ma poi, il mio uccello, che si è in parte indurito alla visione, mi suggerisce che se non mi vedono, non c'è pericolo a sbirciare un po'. È strano vederli insieme, una cosa che non mi aspettavo.

I gemiti di Dimash, pur attraverso la maschera, sono molto erotici. Oh cazzo, mi trovo a pensare rendendomi conto che la mia mano si è mossa da sola e mi mordo il labbro trattenendo il respiro per non fare rumore. Mi sto toccando, non ci credo. È che... è che vederli nudi, intenti a scopare mi sta facendo eccitare. Jonath sbatte con forza contro le sue cosce e riesco a scorgere persino il bastone enorme di Dimash che gli ballonzola tra le gambe, come dimenticato. Deglutisco perché mi viene in mente quello che non dovrebbe. Cioè che mi piacerebbe avvicinarmi e prenderglielo in bocca. Vorrei assaporarlo, sembra delizioso. Merda, strizzo gli occhi più forte che posso e mi impongo di bloccare la mano che mi accarezza attraverso i pantaloni. Non posso farlo. Soru non c'è da tre giorni ed io penso già di tradirlo. Beh in realtà non è proprio così. E non credo che le persone possano cambiare da un giorno all'altro. Odio fare la marchetta ma è una realtà che ancora non mi sono scrollato di dosso, come uno strato di polvere denso che è difficile da spazzare via del tutto. Forse il mio corpo sta reagendo da solo. Forse la mia mente non è del tutto contraria all'andare a letto con altri, purché sia una mia scelta, anche se sto con lui. Sono tremendamente confuso e assistere alla loro scopata non mi sta aiutando a chiarirmi le idee.

Comunque non è giusto nei confronti di Soru, perciò me ne vado. Sguscio tra le ombre fino alla mia stanza e spero che non mi abbiano sentito.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora