Capitolo 38

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Quando Shereen era piccola e non sapeva ancora leggere, chiedeva sempre a sua sorella Puri di raccontarle una storia. Voleva sentire sempre la stessa, perché c'era il suo eroe. Scommetto che, se lo chiedessi a Soru, si ricorderebbe ancora una o due avventure dello sciamano nubiano che viveva sotto un baniano.

Ora, non so come dal laboratorio di Mirza io sia stato catapultato nella savana, ma l'uomo dalla pelle scura come il carbone, che siede sotto quell'albero dandomi le spalle, mi ricorda la favola di Shereen.

«Ne hanno mandato un altro.» dice con voce cavernosa e all'improvviso me lo ritrovo davanti. È stato un battito di ciglia. È grosso, imponente. Prima era lontano e ora mi sfida con gli occhi dall'alto, gonfiando i pettorali.

«Chi sei tu?» biascico, specchiandomi nei suoi occhi neri. È così vicino che sento l'afrore della pelle carbonizzata dal sole. Sono tentato di arretrare ma c'è qualcosa, nel suo sguardo sicuro, una forza misteriosa che mi trattiene.

«Che domanda è?» balena un lampo di denti bianchissimi che risaltano a confronto con le labbra e il resto del viso. Stringo le mani a pugno, per sentire le unghie affondare nel palmo e convincermi che è reale.

«Sono morto?» gli chiedo. L'ultima cosa che ricordo è Dimash, che non aveva più quel buco in faccia. Sarà perché ho ucciso il generale Gabriel. Sul bersaglio. Centro quasi perfetto. Per ben tre volte negli ultimi due giorni. Sono un genio.

«Tu, non sei, nessuno.» mormora e i bassi nella sua voce fanno tremare l'aria. Con stupore mi accorgo che sta ridacchiando.

«Perché sono qui? Che cosa vuoi da me?»

«Voglio?» si stranisce. Fa una smorfia, un passo indietro. Rassicurato dalla confusione che pare pervaderlo al momento, devo avere abbassato la guardia, perché non mi aspetto il palmo che mi atterra sulla fronte, come uno schiaffo che resta.

«Io voglio solo dormire.» nel flusso di coscienza che mi investe come un tifone di idee, conoscenze, ricordi e domande sussurrate, riesco a distinguere il suono della sua voce disumana e priva di intonazione.

«Quelli che desiderano» dice staccando le dita, lasciandomi con una sensazione frizzante che mi riverbera in tutto il corpo. «siete voi.»

Mi sento spingere all'indietro dalle dita che tornano all'attacco e cado nel buio di schiena.

Mi risveglio nel laboratorio sentendomi frizzare tutto, dalla lingua fino alle dita dei piedi. Lentamente sollevo le palpebre a fissare il soffitto di tubi metallici.

«È sveglio.» sento dire. Poi, quattro teste entrano nel mio campo visivo, ma quando finalmente riesco a mettere a fuoco lo spazio davanti a me, è rimasto soltanto il sorriso di Mirza.

«Bentornato. Come ti senti?»

Apro la bocca per rispondere, solo per rendermi conto che lui non mi sente. Ripete la domanda. Niente. Tento ancora, invano. Prima che sparisaca dalla mia visuale, però, riesco a registrare dettagli del suo viso che non avevo mai notato prima. So che è in piedi accanto al lettino di ferro eppure ho l'impressione che mi stia così vicino da scorgere i pori dilatati sul naso e sulle gote, in contrasto con quelli più fini sulle guance. Non so quanto tempo sia passato quando sento di nuovo la sua voce.

«Ci vorrà un po' per abituarti al nuovo corpo. Abbi pazienza.» mi dice mentre si aggira per il laboratorio ed io percepisco il rumore dei passi. Mi sembra di riuscire a predire i suoi spostamenti ma forse è un'impressione dovuta allo choc. Sebbene si tengano a distanza, sento persino la presenza degli altri nella stanza.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora