Capitolo 28

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Il giorno dopo quando entro in cucina per fare colazione la base non mi sembra più tanto aliena. Certo, non è casa, ma è comunque un posto di lusso, con un bagno personale e l'acqua corrente. Penso che potrei abituarmi a vivere qui. Entrando in cucina, noto che Dimash è da solo, seduto al tavolo apprecchiato con le gambe distese e gli scarponi sulla sedia. Non mi saluta, perciò mi metto a sedere. Cautamente mi sporgo in avanti per afferrare un pezzo di pane. Il burro che c'è nel piattino sembra appetitoso. Sento Dimash davanti a me che si schiarisce la voce.

«Continui a farmi cambiare opinione su di te. È una cosa che non riesce a molti.»

«Non so di che parli.» mi schermisco, sulla difensiva.

«Per esempio,» continua senza alzare lo sguardo. «non credevo esistesse qualcuno a cui piacesse tanto il sesso da godere addirittura a prostituirsi.»

Stringo i denti.

«Devo vedere Jacob nel cortile alle sei.» dico guardando l'orologio di ultima generazione che mi agghinda il polso e ora segna le cinque e cinquantadue. «Non credo la prenderà bene se arrivo in ritardo.»

Per dare spessore alle mie parole ingoio il pezzo di pane col burro e mi alzo da tavola. Dimash sbuffa dal naso, ha una luce ostile negli occhi. Mi lascia arrivare alla soglia prima di schiarirsi la voce rumorosamente.

«Ti sei divertito a guardare, ieri sera?»

Deglutisco, con la bocca improvvisamente secca.

«La mia porta ha una serratura per chiudersi dentro, anche se non mi avete dato la chiave. La tua no? Se vuoi dirmi di non puntare a Jonath perché siete amanti, fallo senza insultarmi. Adesso siamo soldati dello stesso esercito e abbiamo all'incirca lo stesso grado. Anche se non so leggere il vostro alfabeto strano, l'ho capito.»

Senza dargli il tempo per rispondere esco in corridoio e dopo qualche passo leggero, mi metto a correre.

Quando arrivo nel cortile interno, davanti al capannone C, capisco che per i giudei essere puntuali significa arrivare prima. Jacob è in piedi davanti alla porta del garage, impettito e con le braccia incrociate mi ringhia in faccia appena mi vede. Lo raggiungo di corsa e mi inchino leggermente per scusarmi.

Lui si limita a storcere il naso e con un cenno del mento mi indica di entrare nel capannone.

Quello che vedo mi lascia a bocca aperta. Da fuori non sembra così ampio. In fondo allo stanzone stretto e lungo sono posizionati dei bersagli neri dalla figura umana e vicino a me c'è un banco con sopra un piccolo arsenale.

Jacob si avvicina e con sicurezza afferra una pistola. È piccola, . Fa scattare in fuori il suo ventre panciuto e ci infila dei cilindri di ferro presi da chissà dove.

«Questo è Beretta M9, usare proiettili calibro 22. Pistola molto vecchia, antica.» dice. Mentre mi spiega il funzionamento dell'arma non stacca gli occhi da essa per guardarmi neanche una volta. «Nuove armi moderne sono più pericolose per imparare. Ti darò una quando mi fido meglio. E poi, conviene comiciare addestramento dalle basi. Memorizza tanto, sì? Bene. Prima di insegnarti a sparare ti faccio vedere come composto.»

Poggia la pistola sul banco e si mette a smontarla. Mi stupisce di come lo faccia velocemente, separando tutti i pezzi, comprese le viti e le parti minuscole, e poggiandoli a distanza l'uno dall'altro mi ripete più volte i nomi di ognuno di essi e le loro funzioni. Quando ha finito, non me ne ricordo neanche mezzo. Mi batte forte il cuore davanti al suo sguardo severo. Ha incrociato di nuovo le braccia e si aspetta che gli ripeta i nomi man mano che indica i pezzi.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora