"Mh-mh-mh-mmmm..." è la nenia che ho inventato per non mettermi a gridare dalla disperazione. Sono stanco. Mi fanno male gli occhi. Ho un cerchio alla testa che si espande al ritmo dei singhiozzi del bambino dentro di me. Il fischio che mi sibila nelle orecchie è quello del treno, che corre e stride sui binari. Il mio orologio tecnologico dice che sono passati solo venti minuti da quando mi sono seduto qui, accasciato contro la porta, ma a me sembra che siano trascorse ore.
Le allucinazioni mentali e uditive mi prenderanno per sfinimento, come è già stato per l'agitazione. Alla fine il battito del cuore è rallentato per non farmi esplodere. Ha dovuto farlo. Continuo a sudare freddo, però. Se solo riuscissi ad addormentarmi. Anche la prima volta che Mirza ha trasferito la mia coscienza nel nuovo corpo sono stato così male? Per qualche motivo, credo di no. Stavolta è diverso. Ora che ci penso, Dimash prima me l'ha confermato. A quanto pare, la volta scorsa, mi sono comportato in maniera brutale con lui. Beh, qualsiasi cosa gli abbia fatto, non me la ricordo. E stanotte, quando abbiamo scopato, non mi è sembrato che ce l'avesse con me, perciò tendo a considerare che tra noi sia tutto a posto.
Il dottore ha accennato che sarebbe venuto a visitarmi ma forse è stato trattenuto. Forse Jonath gli ha ordinato di lasciarmi in pace. Tanto meglio. Sospiro profondamente, contando mentre butto fuori l'aria. Uno, due, tre, quattro, fuuu. "Mh-mh-mh-mmmm..."
Ma è davvero così?
Che ne sa, il capitano? Perché si arroga il diritto di decidere se io abbia bisogno di compagnia o no? Che abbia bloccato anche Dimash? No, stupido. Sono passati solo venti minuti e lui è partito in moto. Sarà andato in città. O in qualche taverna nei villaggi a pochi chilometri da qui. Non può essere già tornato. Sono paranoie, penso rabbrividendo.
"Non opporti." echeggia una voce da dentro e non capisco se appartenga allo sciamano, alla mia coscienza o chi altri.
Esasperato, inerme, mi raccolgo in me stesso e smetto di lottare contro le allucinazioni. Forse così mi addormenterò più in fretta. Tiro le ginocchia al petto e, poggiandoci sopra la fronte dolorante, mi abbraccio le gambe. E la realtà intorno a me cambia forma. I muri della camera svaniscono, lasciando il posto al freddo abitacolo metallico di un treno in viaggio. Più precisamente, sono seduto nell'interstizio di passaggio tra due vagoni. Da sotto la porta della carrozza di fronte a me proviene un filo di musica, il languore di un pianoforte, che si insinua nello sferragliare metallico con tetra malinconia. Dalla carrozza dietro, invece, mi giunge il pianto del bambino, ma so per certo che, se mi alzo da qui e vado a cercarlo, non lo troverò. È solo un'impressione che ha lasciato ad aleggiare nell'aria. Lui non c'è. Non c'è nessuno su questo treno e non so nemmeno dove sia diretto. Sono solo. Completamente solo.
Shereen ha detto di non cercarlo.
Che non mi vuole vedere.
Ha detto che adesso fa la bella vita, anche se è schiavo.
E non tornerà indietro per un povero disgraziato come me.
Soru non mi vuole. Non vuole essere salvato da me. La mia vita non ha più uno scopo. Sono soltanto un ragazzo di strada, mezzo alcheriano e mezzo polacco, con i capelli biondi, gli occhi azzurri di mia madre, la pelle più chiara di quella dei miei compaesani e un corpo attraente da vendere a uomini che hanno voglia di scopare.
Aspettate.
Per caso sono io, il bambino che piange?
"No, non sei tu."
All'improvviso un'ombra si materializza al mio fianco, facendomi trasalire. D'istinto mi ritraggo, ma dopo un secondo, lo riconosco. Il cinese dagli occhi chiari si siede accanto a me e sorride.
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Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)
Phiêu lưuAxer, appena diciottenne, vive con Sorush, il suo migliore amico, per cui ha una cotta segreta. Si prostituisce per mantenere entrambi e deve guadagnare abbastanza soldi per il passaporto che gli permetterà di entrare nei distretti alti e cominciar...