Capitolo 76

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Dopo che Jonath è tornato in camera, avanzo in corridoio verso quella di Dimash. Dalla porta socchiusa filtra uno spiraglio di luce, che mi invita a fermarmi e sbirciare dentro. Vedo soltanto la maschera antigas, che è stata raccolta dal pavimento e posata sul tavolo, accanto alla collana finita. Per qualche secondo resto in ascolto e sento, effettivamente, da lontano, lo scroscio dell'acqua della doccia.

Mi ritrovo a indugiare sulla soglia, con una mano sollevata e pronta a spingere la porta ma non lo faccio, non ancora. Entro o non entro? Penserà che io sia paranoico, se lo seguo pure in bagno. No, non è una buona idea. Inspiro profondamente, lascio ricadere la mano e mi giro. Percorro il corridoio al contrario, fino alla cucina. Accendo la luce. Per fortuna non c'è nessuno.

Il tavolo è sgombro ma in alcuni punti lo vedo incrostato di rimasugli di cibo, i piatti sporchi sono impilati nel lavello alla rinfusa. Scuoto la testa, sogghignando. Non so che mi aspettassi dai giudei. In ogni caso, ora mi sento tranquillo. Apprezzando la solitudine e il silenzio, mi lascio cadere su una sedia, raccolgo il pacchetto di sigarette dimenticato da qualcun altro e me ne accendo una. Ho deciso che aspetterò qui lo zingaro. Che torni per stare con me oppure no, non ci rimetterò la faccia. Non ho sonno. Avevo voglia di fumare e non volevo farlo in camera. Posso anche starmene qui fino a domani. Ma perché cazzo mi sento così ossessionato adesso? Ho appena detto che sono calmo, sono... e in un battito di ciglia mi rendo conto che forse non sono io, la fonte dell'ansia. In me si proiettano i timori di qualcun altro. Ne sono ancora più convinto sentendomi tirare dall'interno. C'è un filo invisibile che mi attrae con forza nel buio e ho appena il tempo di stendermi sul tavolo con il braccio in avanti, la sigaretta accesa tra le dita, che ci sprofondo dentro.

È strano.

Bizzarro. Non avrei messo uno strumento del genere proprio nella savana. E poi, penso avvicinandomi alla scatola di legno su cui è fissato un ampio corno d'ottone, che diavolo è?

C'è una cosa che gira, lì sopra e dal corno proviene una melodia fiacca, deprimente. La mano bruna dello sciamano senza nome entra nella mia visuale. Col dito tocca il disco nero che gira, trasale e ritrae la mano quando la musica si interrompe. Ed io con lui. Per quanto ne so, potrebbe essere un'arma esplosiva piazzata da qualcuno. Ci guardiamo negli occhi, indecisi se fare un passo indietro ma non siamo femminucce, né io né lui, quindi restiamo sul posto. Lui allunga di nuovo il dito, coraggiosamente, ma si blocca un attimo prima di tornare a toccare quella strana macchina, per la voce di donna alle nostre spalle.

"È un grammofono."

Ci voltiamo nello stesso momento verso la ragazza, che stacca la schiena dal tronco del baniano e muove qualche passo nella nostra direzione.

"Il Colonnello ne aveva uno nella sua carrozza personale." dice mentre avanza. La coda di capelli castani, che le spazza la schiena, somiglia in tutto e per tutto a quella di un cavallo. "Sedevo sempre nel vano tra i due vagoni, nell'attesa che aprisse quella porta per farmi entrare."

Non riesco a scorgerne i lineamenti finché non si trova vicino al falò. Ora le lingue di fuoco proiettano ombre scure sul suo viso piccolo, e mi accorgo che non sta guardando me o lo sciamano. I suoi occhi a mandorla sono fissi sul bizzarro corno.

"Eppure Baba," sposta lo sguardo su di me "mio padre," specifica "non faceva altro che mettermi in guardia dagli uomini come lui."

Lo sciamano si ritrae, inarcando la schiena come un felino in allarme, ma con lentezza. Alla menzione del padre si è irrigidito e ora guarda la macchina strana sbarrando gli occhi; il volto contratto in una smorfia di disgusto.

Alcherian Boys --(Distopico, Sci-fi, Gay, R-17)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora