LA LUNA SA ASPETTARE

12. Cloe

L'autobus è in ritardo.

Ottimo.

Quando l'universo decide che sarà una giornata di merda, così è.

Non ci puoi fare niente

Anche perché che senso avrebbe opporsi? Solo spreco di forze inutili.

Respiro profondamente, tentando di calmarmi.

I colori caldi dell'autunno, mi danno un senso di calore.

Mentre continuo ad aspettare, nutro i miei occhi stanchi con l'immagine di Roma vestita di giallo, rosso e arancione.

Bella però.

Il vento fresco mi sfiora il viso in quello stesso punto.

I brividi mi colgono di sorpresa.

Quelle sue mani.

Non riesco a smettere di pensare a quello stronzo.

Patetica.

Dopo minuti di attesa ecco l'autobus.

A ventitré anni non ho ancora la patente.

Sono riuscita a farmi bocciare all'esame teorico e da lì non ci ho più riprovato.

Così ogni mattina sono condannata ad aspettare persino delle ore l'autobus maledetto, che in questo quartiere di periferia non passa quasi mai.

Sempre i miei genitori, così altruisti da voler vivere in un quartiere isolato solo per permettersi la loro immensa villa, con parco e piscina.

Non tenendo conto di una figlia che per vivere ha bisogno di potersi spostare da questo posto.

Potrei usare i loro sporchi soldi per andare in taxi ogni fottuta volta.

Ma no.

Non ho accettato di lavorare in uno stupido bar per poi usare i loro soldi.

Un minimo di orgoglio riesco ad averlo anche se la depressione mi ha completamente annullata e privata del mio valore. Della mia dignità.

Finché mi è possibile pagherò tutto quello che devo con ciò che riesco a guadagnarmi, come posso.

Odio la ricchezza, la loro ricchezza.

Li volevo poveri ma con un immenso amore per me. Dei loro soldi non me ne faccio nulla.

Eccolo, finalmente.

Il 26.

Ma perché è sempre così affollato?

Salgo e cerco di non farmi prendere dal nervoso.

La giornata è ancora lunga.

E so già che fra poco mi aspetterà la sfuriata del capo, perché come al solito sono in ritardo.