140. Daniel

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Dio, non mi sembra neanche lei.

Il cuore mi si stringe in una morsa così stretta che per tornare a farlo battere avrei bisogno di abbracciarla. Ha gli occhi rossi e violacei e lo sguardo spento. Mi rivolge un sorriso che non gli appartiene e poi sale in macchina, senza dire una parola. Salgo anche io e metto subito in moto, sperando di arrivare a casa mia il più in fretta possibile.

Sono passati già alcuni minuti e non parla. Il silenzio regna sovrano in questo abitacolo. Ho paura a romperlo. Ho paura che ogni mia parola pronunciata possa essere quella sbagliata, quella che la farà piangere di nuovo. Perché gli occhi che ora vedo sono quelli di una persona che ha passato intere ore a strofinarsi via le lacrime.

«Vuoi mettere un po' della tua musica? Ti va?», le chiedo sapendo quanto la musica le sia di aiuto e la faccia stare bene. E per cambiare questa atmosfera così tesa.

«Volentieri», mi risponde. Finalmente la sento parlare, per la prima volta da quando siamo partiti. Prende in mano il suo cellulare e fa partire una canzone di Baglioni, "Mille giorni di te e di me". Questo mi spaventa.

Dio, ma non avrà mica intenzione di lasciarmi? E se ha chiesto di vedermi solo per dirmi che non può più funzionare? Che sono troppo vecchio per lei?

E potrei biasimarla per questo? Io che ancora non capisco cosa ho fatto per meritarmi una meraviglia come lei. Il panico mi assale ma faccio finta di niente. O almeno ci provo. La sento mettere una canzone triste dopo l'altra.

Forse era meglio il silenzio. 

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