147. Cloe

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Una volta tornata a casa mi è quasi sembrato di essere una persona diversa. Sono talmente vuota da tutto quel peso che mi portavo dentro, da quella fottuta paura di non essere compresa. Stesa sul letto della mia camera mi sento quasi una piuma, finalmente adagiata senza il terrore di sprofondare giù negli abissi. Guardando il soffitto con un sereno sorriso mi rendo conto che non ho mai esternato la mia depressione fino a ieri. Era sempre rimasta dentro di me, crescendo giorno dopo giorno e nutrendosi dei miei sogni e delle mie speranze. Non avevo mai avuto degli occhi esterni che mi guardassero e riuscissero a risucchiare via parte di quella gigantesca e mostruosa creatura che mi dimorava dentro. Sono bastati un paio di occhi verdi. I suoi amabili occhi. Con un solo sguardo mi fa sentire nel posto giusto al momento giusto. Degna di essere amata, in qualsiasi forma io intendo mostrarmi. Lui mi vede per quella che sono e mi ama.

Afferro il cellulare poggiato sul comodino. Sono ormai le 21. Non si è fatto più sentire da quando stamattina sono andata via da casa sua.

Forse l'ho spaventato. Non dovevo aprirmi.

O forse è semplicemente occupato e stanco. È un professore ed è pieno di lavoro ogni giorno. Avrà bisogno del suo tempo e dei suoi spazi. Lo capisco. Ed è giusto così.

Non voglio risultare invadente. Non voglio essere una di quelle persone che una volta confidato un proprio malessere pretendono la vicinanza e la cura della persona amata. Non voglio essere guardata con compassione e tartassata di messaggi solo perché gli ho confessato di essere depressa. Voglio che sia il solito Daniel, quello di cui mi sono innamorata prima che sapesse tutto. E io sarò semplicemente me, come lo sono sempre stata.

"Buonanotte, dormi bene. Ti amo", invio il messaggio, spengo il cellulare e mi infilo sotto le coperte. Per la prima volta mi godo questa strana sensazione di leggerezza, addormentandomi con un sereno sorriso sul viso.

L'amore ti fa rinascere

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