113. Cloe

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«Che dici, andiamo?», sento la sua voce provenire da dietro di me, mentre mi perdo tra i colori del tramonto che mi esplode davanti agli occhi. Non mi ricordavo più quanto fosse bello l'arancione del sole riflesso nel mare. Quella palla di fuoco bruciante davanti a me, che piano si getta tra le onde, mi sembra quasi di poterla toccare.

Sento toccarmi i capelli e mi giro.

«È meraviglioso, vero?»

«Sì, ma non più di te.»

Arrossisco. Ancora non mi sono abituata all'ondata di calore che mi provocano i suoi complimenti. Credo che le mie guance ora si stiano tingendo di rosso, proprio come il cielo che ci circonda.

Gli sorrido senza dire nulla.

«Sono pronta, possiamo andare»

La giornata è volata senza che neanche me ne accorgessi. Ormai si sta facendo sera ed è meglio andare per non arrivare a Roma troppo tardi e riuscire a trovare qualcosa con cui cenare.

Mi chino per piegare il mio telo e piegarlo all'interno della borsa. Mi rivesto con il vestitino fiorato e mi rimetto le scarpe ai piedi.

Lui è già pronto e mi aspetta con pazienza sorridendomi ogni qualvolta incontro il suo sguardo. Mi avvicino lentamente verso il mare e cercando di non bagnarmi i piedi passo una mano tra le onde ormai fredde.

«Ci vediamo presto», sussurro.

Poi lo raggiungo e insieme ci incamminiamo verso la strada sterrata che riconduce al parcheggio.

Mi sento così leggera. 

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora