33. Daniel

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Non è mio solito andare al bar all'ora di pranzo.

Ma ho appena finito una lezione, un tramezzino credo possa farmi bene.

Chissà se riesco ad incontrarla.

Sì, la verità è che ho voglia di rivederla.

Solo vederla, anche solo per un attimo.

Con l'agitazione che piano piano inizia a salirmi, esco dall'università e percorro il viale alberato, ormai completamente rosso e arancione.

Non so se rivolgerle la parola o lasciare solo che lei mi serva il tramezzino, e limitarmi a guardarla.

Ma cosa posso dirle?

Se quegli occhi mi si inchiodano dentro, le parole non mi escono.

Quella ragazzina mi fa uno strano effetto, e ancora non riesco a capire perché.

Quasi non voglio accettarlo.

Quasi vorrei dimostrare a me stesso che da uomo di cinquant'anni, sono immune a queste cose.

Sono immune ad una semplice, ma così dannatamente bella, ragazza.

Ma sarebbe solo l'ennesima bugia che mi racconterei.

Perché la verità è che voglio solo poterle stare accanto, per riprovare quegli strani brividi sulla pelle.

Davanti all'entrata del bar prendo un profondo respiro ed entro, come un normale cliente che ha fame e vuole solo sfamarsi.

Mi siedo ad un tavolo e faccio la mia ordinazione, guardandomi lentamente intorno.

Non c'è.

Stupido e patetico. Cosa ti aspettavi? Di trovarla lì per te ogni volta che ne avevi voglia?

Già.

Era quello che mi aspettavo. Era quello che volevo.

Poter entrare in quel bar e vederla ogni volta che sentivo il bisogno di quegli occhi.

L'assurdità di questa situazione mi fa capire che devo tornare in me. Mi devo scordare di quella ragazzina.

Ho costruito in aria castelli che non hanno ragione di stare in piedi.

Mangia il tramezzino e torna al lavoro. È l'unica cosa che ti è rimasta, l'unica che ti appartiene davvero e per sempre ti apparterrà.

Già.

L'unica.

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora