101. Cloe

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Una decappottabile verde mare mi aspetta parcheggiata davanti al cancello.

Gli sorrido quando lo intravedo dal finestrino aperto. Non avrei mai immaginato che un serio e noto professore d'arte potesse avere come macchina una mini-Cooper verde, ma la amo da impazzire. Sarebbe proprio il tipo di auto che avrei voluto per me se fossi riuscita a prendere la patente. La musica a palla e il vento tra i capelli, cosa volere di più?

Chiudo il cancello alle mie spalle e apro lo sportello. Il suo profumo mi invade ogni senso. Quanto mi era mancato.

«Buongiorno, Daniel», mi siedo e sporgendomi verso di lui lo bacio delicatamente sulle labbra. Mi sorride.

«Buongiorno a te, Cloe. Sei pronta?»

«Prontissima, dove mi porti?», gli chiedo mentre lancio la mia borsa sui sedili posteriori. Lo guardo mentre dà un'ultima occhiata sfuggente alla mia casa prima di mettere in moto la macchina e partire.

Va tutto bene. Se ti chiede dei tuoi genitori oggi puoi farcela, puoi iniziare a raccontargli come stanno le cose.

Ma non accade niente di tutto ciò. Non mi domanda niente. Accende il motore e partiamo, lasciandoci quella maledetta villa alle spalle.

«Oggi ti porto al mare, ma non un mare qualsiasi. Ti porto nel posto in cui ogni anno passavo l'estate con la mia famiglia».

Un tuffo al cuore. Mi sta facendo entrare nella sua vita, piano piano. Ho paura di non poter più tornare indietro. Ma è così bello viverlo, non voglio più preoccuparmi di niente. Vorrei solo riuscire a lasciarmi andare anche io, un passo alla volta.

«Sono lusingata», rispondo. Vorrei chiedergli di più della sua famiglia, non so nulla sui suoi genitori o se abbia fratelli o sorelle. E solo ora mi viene in mente che ha perso la moglie qualche anno fa. Avrà portato anche lei dove sta portando me oggi. Spero che i ricordi non gli facciano male. Non so gestire queste situazioni. Mi sentirei solo di troppo e scapperei via da tutto questo.

Deve aver percepito il mio starmene in silenzio per forse troppi minuti, perché rompe il ghiaccio parlandomi della sua famiglia.

«Pensavo da tempo di ritornare a Capalbio. È lì che stiamo andando. Ogni estate venivo qui con i miei genitori e i miei zii e passavo le giornate a giocare a pallone con i miei cuginetti. Sono figlio unico e in quei mesi estivi avevo tutte le attenzioni per me. Da quando i miei genitori sono venuti a mancare anni fa, non ho più messo piede su quella spiaggia. Sono contento di poterlo fare con te.»

Non rispondo. Non so cosa dire. Non sono brava in queste situazioni, soprattutto quando si parla di famiglia. Non so cosa si prova nel ricordare momenti felici vissuti con i propri genitori.

Lui poggia la sua mano sulla mia coscia e io gliela stringo. Rimaniamo così per parecchi minuti, fino a quando decido di rompere il ghiaccio e cambiare atmosfera.

«Quindi il tettuccio di questa macchina si apre?», chiedo sorridendogli e sapendo già la risposta.

Ride.

«Vuoi il vento tra i capelli come le dive di Hollywood, signorina?», risponde con tono provocatorio.

Sono le tue mani che ora vorrei tra i miei capelli.

«Se è possibile...». Mi avvicino e poggio la testa sulla sua spalla.

«Attenta che se fai così al mare non ci arriviamo...»

Un brivido di eccitazione mi corre lungo la schiena. Nessuno è mai riuscito a provocarmi e stuzzicarmi così, con un semplice tono di voce profondo e poche parole.

«Allora apri il tettuccio e ritorno ad essere innocua».

Ride di nuovo, mentre preme il pulsante che lentamente fa comparire il cielo sopra le nostre teste.

È una giornata bellissima, sembra non esserci neanche una nuvola. Per essere metà ottobre fa ancora così caldo. La temperatura perfetta.

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora