58. Daniel

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Senza ancora capire come, riesco a finire la lezione.

Lascio i ragazzi con un compito per la prossima volta, e li guardo uscire uno ad uno.

Fa che lei rimanga, ti prego.

Non posso farla andare via senza neanche parlarne. Senza neanche guardarla da vicino.

Quei suoi occhi profondi, ne ho bisogno. Ho bisogno di vedermici riflesso dentro.

Con aria indifferente, faccio finta di sistemare gli appunti che, come al solito, ho sparso sul tavolo. L'ordine non è di certo la mia miglior qualità.

Ormai sento solo il silenzio. Devono essere usciti tutti.

Ed ecco che con la coda dell'occhio la vedo.

Si sta alzando.

Fingo un attacco di tosse, per rompere quel silenzio che mi sta torturando, e la vedo mentre mi viene incontro.

Perché è sempre così bella?

Ha ancora addosso gli abiti da lavoro. Deve aver lavorato e poi essere venuta qui.

La prenderei e stringerei tra le braccia solo per questo.

Quella piccola bambina.

Quando è ormai davanti al mio tavolo, sono io a rivolgerle la parola per primo.

«Alla fine sei venuta.», le dico.

Mi sembro un adolescente di fronte a lei, non so mai come approcciarla.

«Si, ero molto curiosa di sentirti parlare d'Arte», mi risponde lei, guardandosi intorno ed evitando quasi il mio sguardo.

Cerco di incontrare i suoi occhi, che per qualche ragione stanno sfuggendo i miei.

«E sono riuscito a soddisfare la tua curiosità?»

Ecco che ora alza gli occhi su di me, e li fissa nei miei.

Quasi mi sento mancare l'aria, eppure non mi sono mai sentito più vivo.

«Si, soprattutto con la tua riflessione sull'amore impossibile...», risponde con tono quasi provocatorio.

Ringrazio il cielo che non ci sia uno specchio nelle vicinanze, perché sono sicuro di stare arrossendo.

Ha capito che in qualche modo parlavo di noi.

Non so cosa rispondere.

«Io devo riportare questi libri nel mio studio, se ti va puoi accompagnarmi. Se ti affascina l'Arte, ti piacerà.» cambio discorso e cerco di invitarla lontano da quell'aula.

Voglio poter stare solo con lei, in un posto più ristretto, più sicuro.

La vedo quasi arrossire. Mi guarda ed annuisce.

«Va bene, ti accompagno volentieri».

Prendo i miei appunti, i libri e tutto quello che devo riportare nello studio.

«Vieni, ti faccio strada».

Potrei quasi abituarmi nel sentire i suoi passi che mi seguono e sentire la sua presenza dietro di me.

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora