135. Cloe

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Sento la porta dell'aula aprirsi e il brusio della folla spegnersi all'improvviso.

«Buongiorno a tutti e a tutte», la sua voce profonda e solenne mi accelera il cuore. Non mi ci sono ancora abituata. Mi chiedo quando smetterà di farmi questo effetto. Mi giro e lo vedo percorrere il corridoio dell'aula fino ad arrivare alla cattedra. Nel suo completo blu, quello che gli dona di più. È bellissimo. Poggia la ventiquattrore sul tavolo e si guarda intorno, accennando un sorriso. Ed ecco che incontra gli occhi miei. Sento il mio cuore correre velocemente e gli sorrido. Rimane fisso e mi guarda quasi con aria interrogativa, come a chiedersi cosa ci faccia qui, e mi sorride appena. So che per riservatezza e reputazione non può avere una chissà quale reazione, nessuno sa di noi, ma noto nel suo sguardo qualcosa di strano.

Sembra scosso.

Cerco di ignorare le mie stupide congetture, forse mi sto facendo condizionare dai pensieri avuti poco fa. Faccio finta di nulla mentre lo vedo accendere il proiettore e posizionare i suoi appunti sul tavolo.

«L'artista di cui oggi parleremo è già venuto a trovarci settimane e settimane fa, ma è impossibile non ritornare su uno dei dipinti che più hanno significato per la vita di questo pittore. Un quadro che racchiude in ogni sua pennellata tutta l'intensità delle sue emozioni.» si ferma a guardare il suo pubblico. Non mi guarda.

«Oggi affronteremo "Campo di grano con volo di corvi" di Vincent Van Gogh.»

Un tuffo al cuore. Me lo sento fino in gola.

Dio, no. Non può essere vero.

Non posso farcela.

Non posso

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