123. Cloe

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Rimango appoggiata sul suo petto per non so quanto tempo, chiudendo gli occhi e lasciando che la sensazione di questo momento mi travolga completamente. Sono rilassata, senza pensieri. Felice. Ho quasi paura a dirlo, ma è così. È come se tutto d'improvviso avesse assunto colori che prima non c'erano, che non riuscivo a vedere. Sento il suo cuore battere lento e con ritmo costante e le sue mani strette intorno a me farsi più leggere.

Si sarà addormentato. La giornata lo avrà stancato. Sorrido e cercando di non svegliarlo mi libero dalla sua presa e mi alzo. Lui si muove, cambiando posizione. Ma non si sveglia.

Menomale.

Mi alzo e mi guardo intorno, in quella piccola e silenziosa casa. Raccolgo i vestiti che ancora sono sul pavimento del salone e cerco di dare un ordine al caos che abbiamo lasciato in giro. Sorrido. Sembra la casa di due adolescenti, con sushi sul tavolo e vestiti a terra. La borsa, prendo la mia borsa da mare appoggiata vicino alla porta e tutto d'un tratto mi torna in mente.

Il taccuino.

Cercando di non far rumore apro la borsa e lo tiro fuori. Il cuore inizia a battermi forte.

Ce la puoi fare. Provaci.

Mi giro verso la camera da letto e lo guardo, steso su un fianco che dorme beato, come un bambino. Sorrido e mi avvicino alla sua scrivania, prendendo in prestito una penna.

Mi siedo sul divano. Prendo un respiro profondo ed apro le pagine di quel taccuino. Impugno la penna e senza pensarci un secondo di più traccio le prime lettere. Le lettere della prima poesia scritta dopo non so quanto tempo.

Allunga le tue mani

passami quegli anni

che sul viso

ti spengono il sorriso,

te li tengo io

per tutto il tempo

che ti servirà

per ridere

e ritornare bambino.

Alzo la mano dalla pagina e rileggo quello che ho appena scritto. Una lacrima mi scende sul viso.

Sono riuscita a scrivere. Non ricordavo più quanto fosse bello lasciare che l'inchiostro tracci su un foglio le tue emozioni. Quanto fosse liberatorio e catartico. Alzo gli occhi dal taccuino e sporgo la testa per riuscire ad intravedere il suo corpo steso sul letto. Sorrido.

È stato lui. Ha riacceso in me la fiamma della poesia, che lentamente avevo lasciato spegnere. Fisso ancora incredula quelle parole nere e le accarezzo passando la mano sulla pagina. Questo rimarrà un segreto tra me e il taccuino. Forse un giorno riuscirò a riempirlo tutto di poesie e solo allora glielo regalerò, come ringraziamento di quello che in me ha fatto rinascere.

Chiudo il taccuino e lo infilo lentamente nella borsa cercando di non fare rumore. Poi silenziosamente mi infilo nel letto, accanto a lui. Lo abbraccio, mentre lo vedo rigirarsi e accoccolarsi tra le mie braccia.

«Ti amo, Cloe» lo sento sussurrare.

Il mio cuore salta un battito. Ma invece di andare nel panico sorrido.

È addormentato, domani mattina neanche se ne ricorderà. Ma il suono di quelle parole sussurrate mi rimbomba dentro, ancora e ancora. Non dico nulla.

Anche io ti amo, Daniel.

Lo stringo forte e chiudo gli occhi, cullata dal dolce profumo della sua pelle. 

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