11. Cloe

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Il rumore della porta che si chiude rimbomba nella sala ormai vuota. Ci sono solo io e banconi pieni di bicchieri e piatti vuoti da buttare. Rimango immobile stringendo tra le mani quel dipinto. Mi concedo un attimo per me stessa, per pensare all'assurdità di tutta questa situazione.

E sorrido.

Sorrido nel pensare che neanche dieci lunghi anni ci hanno impedito di ritrovarci ancora e di scoprire che in fondo, i nostri occhi si sono mancati. Che, sebbene abbiano bevuto diversi altri mari da altri sguardi, un briciolo di sete per quella specifica acqua era rimasto. Dovrei avere paura, dovrei provare qualche sensazione di stupore e disagio per la ricomparsa di lui nella mia vita, ma ormai sono maturata. I tempi in cui il panico mi assaliva se solo qualcuno osava guardarmi e amarmi, per il terrore che poi potessi soffrire, sono finiti. Nella vita si soffre in qualsiasi occasione, che tu faccia di tutto per proteggerti o meno. Ed io non voglio più dovermi tutelare da nessuno. Questa sera cenerò con lui e lascerò la vita proceda come ha già deciso. Perché l'universo ha un piano per tutti noi e anche se lo eviti a lungo, alla fine il modo di raggiungerti e compiersi arriverà.

Sorrido di nuovo e ritorno alla realtà. Inizio a sparecchiare i tavoli e sono grata per ogni piatto sporco che butto, segno che sono tantissime le persone che oggi hanno preso parte alla realizzazione del mio sogno.

Non potrei essere più felice.

Una volta riordinata tutta la sala mi guardo di nuovo intorno e rido.

Poi prendo dalla tasca le chiavi con il ciondolo a forma di luna e chiudo l'edificio di Lunar.

A noi due.

Esco e mi dirigo per le strade di Roma, passeggiando sotto il tiepido sole primaverile prima di salire in macchina e tornare a casa. 

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora