160. Daniel

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Non lo so. Non so con quali forze sono riuscito a tornare a casa. Apro la porta e butto in terra la mia ventiquattrore. Mi avvicino piano al divano, divorato da continui capogiri. Mi siedo e piango. Non posso fare altro.

Mi dispiace Cloe. Mi dispiace.

Perdonami.

Mi prendo il viso tra le mani per cercare di contenere il flusso di lacrime che stanno uscendo da dentro di me.

Ti amo. Ti amo così tanto da averti ferita solo per tenerti al sicuro da me. Un giorno lo capirai.

Dannazione. Sono ridicolo.

Sono un uomo di merda. Uno stronzo vigliacco. Esattamente come quella prima sera, quando l'ho cacciata via.

Solo questo so fare. Cacciarla via perché la amo troppo.

Scoppio a ridere nel bel mezzo del mio pianto disperato.

Ma guarda come ti sei ridotto.

Tiro fuori il cellulare dalla tasca. Davvero spero che lei mi abbia scritto?

Mi faccio pena.

Prendo un respiro profondo per permettere alle mie mani di resistere alla tentazione di chiamarla. Di soddisfare il bisogno famelico di sentire la sua voce, di supplicare perdono.

Falla finita.

Lancio il cellulare sul divano e riprendo il mio pianto disperato.

Sono la causa della mia stessa infelicità. Non c'è nessuno che potrà mai salvarmi. Sono io che devo salvare chiunque arrivi ad amarmi.

«Ti amo, Cloe. Ti amo...ti amo...ti amo...», sussurro ormai esausto.

Poi chiudo gli occhi e mi dissolvo nel buio più totale della mia vita. 

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora