47. Cloe

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Il rumore della sveglia mi strappa dal mio dolce sonno.

Per una volta sono riuscita a dormire con una serenità a dir poco preoccupante.

Sarà stato il suo viso che continuava ad apparirmi davanti agli occhi ogni volta che provavo a chiuderli.

Il turno.

Prendo il telefono di corsa per vedere se il capo mi ha confermato il mezzo turno.

Si.

Oggi lavoro solo fino alle 15, e poi sono libera.

Poi troverò il modo di raggiungerlo all'università, sperando di riuscire a beccare una sua lezione.

Con il telefono tra le mani e la mente su di lui, gli occhi mi cadono sull'orario e salto giù dal letto.

Sono fottutamente in ritardo, ancora.

Ho già chiesto il favore di poter lavorare mezza giornata, non posso anche fare tardi.

Questa volta la pagherò cara.

Corro in bagno a lavarmi e a truccarmi leggermente.

Non ho neanche il tempo di rendermi più carina.

Merda.

Mi lego i capelli nella solita coda di cavallo.

Metto i jeans neri e la polo bianca del bar e mi precipito giù in cucina.

Come al solito la casa è vuota.

I miei genitori sono già usciti. Saranno settimane che non li becco mai.

Io esco dopo che loro sono già al lavoro e rientro quando loro già dormono o sono fuori a cena.

Meglio così.

Prendo una merendina dalla dispensa e corro alla fermata dell'autobus, con l'adrenalina che mi cammina nelle ossa, al solo pensiero di poterlo rivedere.

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