110. Daniel

51 8 1
                                    

La stringo forte al petto e riesco a sentire il suo cuore battere. In silenzio, con il rumore delle onde in sottofondo, ne percepisco ogni battito. Il suo cuore corre veloce e sembra scambiarsi battiti con il mio, che inizia a velocizzarsi sempre di più. Devo chiederle qualcosa di più sui suoi genitori. Devo sfruttare questo momento in cui sta lasciando andare la sua corazza. Posso sembrare stronzo e probabilmente lo sono, ma voglio sapere il ruolo dei genitori nella sua vita.

Voglio avere cura di lei e sapere che non è da sola.

Le accarezzo piano i capelli, mentre lei stretta a me, poggia la sua testa sul mio petto.

«Cloe...»

«Dimmi...», risponde lei a bassa voce.

«Non voglio essere invadente e se non te la senti puoi non rispondermi, ma oggi aspettandoti fuori al cancello ho visto dove abiti e....» non riesco a finire la frase che lei subito mi interrompe.

«Lo sapevo...quella villa di merda...», la sento sussurrare.

Si stacca dal mio petto e si siede di fronte a me, guardandomi negli occhi.

«Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato questo momento. Odio doverlo fare, ma ti racconterò quello che devi sapere e che sicuramente ti sarai chiesto.»

«Cloe, non voglio forzarti...è solo che...»

Che ti amo e vorrei essere il tuo porto sicuro.

«...che tengo a te, molto»

«Lo so, Daniel, lo sento. Ed è molto bello che tu ti interessi e preoccupi per me, nessuno lo aveva mai fatto prima.», smette di guardarmi e si gira a fissare il mare.

«A proposito di questo, per i miei genitori è come se non esistessi. Sono entrambi molto ricchi e passano la loro maggior parte del tempo tra il lavoro, le cene con altri schifosi amici ricconi, scordandosi di avere una figlia. Sono capitata, Daniel. Non mi hanno mai voluta. Quindi si, vivo in una enorme villa, senza quasi mai incrociare i miei genitori durante la giornata. E lavoro in un bar perché è il primo impiego che ho trovato appena ho deciso che non avrei speso i loro soldi schifosi, ma che mi sarei guadagnata da vivere da sola.»

Finisce di parlare tutto d'un fiato, con una freddezza che non credevo potesse appartenerle. Questa situazione deve averla fatta soffrire così tanto che non ha più nemmeno una lacrima da versare.

Non so cosa dire.

Non voglio sapere altro.

È sempre stata sola e non ha mai ricevuto l'amore che merita. Questo mi basta.

«Basta così...», mi avvicino a lei e la stringo di nuovo forte a me.

«Questa sera torniamo a Roma e dormi da me. Voglio stringerti tutta la notte.»

«Grazie», mi sembra di sentire, mentre si rifugia piano tra le mie braccia.

Grazie a te, Cloe.

LA LUNA SA ASPETTAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora