29.

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Tutta questa faccenda mi iniziava a puzzare: Aura non era a casa sua, non era a scuola e nemmeno al campo di basket vicino casa sua ad osservare alcuni ragazzi più grandi giocare liberamente. Oramai c'era un solo posto dove poteva essere così salì nella mia macchina e feci partire il veicolo.

Aprii la porta del bar di Julie, mi guardai intorno e poi osservai l'ora sull'orologio che portavo al polso: le sei e trequarti. «Ehy Curtis.» raggiunsi velocemente il bar e sorrisi al ragazzo che indossava la divisa del locale.
«Dav, come mai qua? Non ti vedo da quando i dinosauri si sono estinti.» alzai gli occhi al cielo, cercai di bloccarlo ma lui si allontanò per servire un tavolo di ragazze e io quindi mi appoggiai al bancone.

«Ahaha, molto divertente Johansson.» affermai ironicamente quando ritornò nella sua postazione.
«Non credo che tu sia qui per deliziarmi con la tua magnifica presenza perciò... Cosa desideri? Una cioccolata calda, un caffè, un cappuccino, un frullato?» sbuffai.
«Niente di tutto questo.» afferrai il mio telefono per vedere se ci fossero nuove notifiche.

«Il bagno dovrebbe essere libero. Non sono trans e se entro nel bagno delle femmine probabilmente riceverò un water in testa, o forse un bel bacio passionale. Chi può dirlo?!» ero nervosa.
«Non mi serve il bagno.» chiusi il telefono e lo appoggiai sul tavolo.
«Se è per la presentazione, ho finito di studiare la mia parte. Cioè, studiare è un parolone ma comunque qualcosa ho combinato.»

«Se mi fai parlare, riuscirai anche a capire cosa voglio magari.» sbottai infastidita quando, per l'ennesima volta, tirava fuori ipotesi che non c'entravano nulla.
«Sono tutto orecchi ora, dimmi tutto signorina.» scossi la testa esasperata.
«Aura ha finito già il suo turno?» domandai quando mi lasciò il tempo di formulare la domanda.

«Sì, è uscita...» guardò l'orologio della parete e corrugò la fronte. «Aspetta, ma oggi lavorava?» alzai gli occhi al cielo. «Sì, oggi lavorava.» sorrisi.
«Ricevere una risposta sensata da te è come chiedere alla fata madrina di trasformarmi in una principessa in due secondi.» Curtis mi guardò male.
«Sciocchina, la fata madrina non esiste.» feci finta di piangere e sbattei la testa sul bancone prima di indietreggiare.

«Oggi Aura lavorava qui, sappiamo che ha finito il suo turno no?» lui annuì. «Perciò, mi sai dire a che ora è uscita più o meno?» il biondo scrollò le spalle e iniziò a pulire la macchinetta del caffè.
«E io che ne so, non sono di certo il signore che controlla l'ora.» corrugai la fronte per poi alzare un sopracciglio confusa.
«Esiste un signore che controlla l'ora?» chiesi.
«Probabilmente no. Cazzo Dav, so a malapena il mio turno di lavoro e  leggere l'orologio. Tu mi chiedi a che ora escono i miei colleghi, ti sembrano domande da fare?»

«Almeno sai dirmi da che parte è andata quando ha staccato il turno?» continuai imperterrita.
«È uscita dalla porta sul retro, questo me lo ricordo.» annuii, tirai un sospiro di sollievo e salutai, malgrado la poca voglia visto che avevo perso più tempo del previsto, il barista. «In bocca al lupo con la tua ricerca.» sorrisi, scossi la testa e poi uscii dalla porta del personale cercando di non farmi vedere da occhi indiscreti.

Camminai per quasi mezzo chilometro, cercando tra i vicoli la bionda, ma quando si fecero le sette e un quarto provai a richiamarla. Quando anche l'ennesimo squillo a vuoto risuonava dentro il mio timpano, avvicinai l'indice alla cornetta rossa prima di sentire la suoneria di un telefono a me familiare. Così concentrata a pregare tutti i Santi che Aura non si fosse messa mei casini, non mi ero nemmeno accorta di averla solo a qualche metro da me.

Mi appoggiai al muro: ero intenzionata a scoprire cosa stesse facendo, ma non potevo presentarmi davanti a lei. Non avrei scoperto nulla di rilevante, ascoltarla e guardarla da lontano era sicuramente di miglior aiuto così misi subito in pratica il mio piano.

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