3.

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«Dee, sono qui.» corsi incontro a mio padre quando all'uscita dall'asilo lo vidi in piedi, appoggiato al cancello arrugginito.
«Papà.» urlai emozionata, lui mi afferrò in braccio e mi lasciò una marea di piccoli baci su tutto il volto.
«Torniamo a casa che la mamma ha fatto la tua cheesecake preferita.» allargai gli occhi sorpresa.
«Quella ai frutti di bosco??»

Aprì la portiera del passeggero e mi posizionò sopra il seggiolone rosso che tanto adoravo: mi faceva sembrare alta, alta come una giraffa.
«Oggi la maestra mi ha sgridato papà.» lui si girò verso di me con un sorriso spontaneo in volto.
«E come mai Dee??» mi chiese.
«Perché non volevo disegnare... A me non piace disegnare papà, perché devo farlo??»

«Ma tu non lo devi fare se non vuoi amore.» annuì velocemente.
«Eh io questo lo so, ma la maestra dice che devo fare come tutti gli altri.» ripetei le parole usate dalla donna.
«Tu non ascoltarla, la maestra è stupida.» sorrisi e poi mi girai verso il finestrino.
«Dove hai messo quel coso nero??» chiesi, avvicinandomi maggiormente verso il porta oggetti anche se avevo la cintura.

«Cos'è il coso nero tesoro??» frugai.
«Quello che si mette qui.» mi indicai rapidamente le labbra e poi guardai papà mentre attentamente ruotava il volante della sua auto.
«Ahh, il rossetto della mamma.« annuì.
«L'ho messo in casa.» rispose.
«Perché?? Io voglio metterlo.» lui scosse la testa.
«Sei troppo piccola per il rossetto, da grande poi potrai metterlo ma ora a papà non piace.»

Non mi accorsi che fossimo arrivati a casa finché mio padre non scese dalla macchina e non mi venne a prendere.
«Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Davina. Tanti auguri a te... Amore, hai quattro anni oggi.» la mamma si avvicinò a me e, inginocchiandosi a terra, mi strinse in un abbraccio.
«Sto crescendo.» commentai subito dopo.

«Certo Dee. Com'è andata l'asilo??» mi chiese poi.
«La maestra è stupida, non mi piace.» sbottai infastidita.
«Non si dicono queste cose amore, chi te l'ha insegnato??» indicai velocemente papà con un sorrisino furbo in faccia.
«Dee...» urlò Chris. «Non devi spifferare le cose che ti dico alla mamma, devono rimanere tra di noi.»

Corsi davanti al babbo quando la mamma iniziò a rimproverarlo per avermi insegnato una parola che non si poteva affibiare ad una maestra, la spinsi lontana e poi venni afferrata dal babbo che iniziò a correre per la casa. «Non ci prende nessuno a noi.» scossi la testa, ma poi la allontanai quando papà si avvicinò alla mamma e le lasciò un tenerissimo bacio sulla bocca con me in braccio.

«Anche io voglio un bacio così papà.» allontanai la mamma e poi appoggiai le mie piccole mani sul petto del mio grande e muscoloso papà.
«Ma sei piccola, quando diventerai grande anche tu riceverai tanti baci come questi.» rispose la mamma.
«E io sarò pronto ad uccidere chiunque lo faccia... Che bello essere padre.» abbracciai papà, gettandogli le braccia intorno al collo.

Mi alzai di soprassalto quando sentii un urlo proveniente dalla cucina, portai le mani tra i capelli e disordinatamente li portai indietro per poi asciugarmi le lacrime dal viso pallido che probabilmente avevo al momento. Era il mio compleanno, l'anniversario di morte dei miei genitori. Fantastico!

Avevo diciassette anni... Riflettei a lungo su questo e sul sogno che avevo fatto e che mi fece scendere alcune lacrime dagli occhi: non mi ricordavo nemmeno di averlo vissuto, in realtà non ricordavo quasi nulla dei miei genitori.

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