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«Devi prendere quello lì.» ero seduta in uno sgabello del bancone del bar dove lavorata Aura e stavo cercando di studiare, ma la conversazione tra Curtis e la mia amica era troppo interessante. «Ti ho detto quello Johansson.» sorrisi.
«Ma io ho preso quello che mi hai indicato.» scossi la testa e continuai a ricopiare gli appunti.

«Io non ti ho indicato proprio nulla.» si lamentò lei.
«E allora come fai a pretendere che io sappia già cosa devo prendere? È pieno di strani aggeggi questo bar.» non riuscii più a stare zitta così scoppiai a ridere, facendo girare verso di me i due confusi. «Sono così divertente?» chiese il biondo con un sorriso soddisfatto in volto.

«No, sei solo stupido e rincoglionito.» afferrai il mio bicchiere e sorseggiai il mio amato frullato prima di tornare a concentrarmi, per quello che era possibile, sui compiti. «Lavori qui ormai da una settimana e ancora non sai nemmeno dove sia il bagno, non sei del tutto normale.» il ragazzo si indicò e fece una faccia indignata.
«Io sono normalissimo, forse a volte un po' pazzo ma normale al cento dieci per cento.»

Aura lo guardò male e si allontanò dal bancone per portare un'ordinazione ad un tavolo di signori, mentre io continuai a rigirarmi l'evidenziatore tra le dita delle mani e leggevo i libri per sottolineare le parti essenziali. «Ma tu sei sempre qui, ogni pomeriggio?» Curtis appoggiò le sue braccia incrociate sul balcone.
«Se Aura lavora sì, a casa mi annoio.»

«Sei la figlia adottiva di Eric?» dove voleva arrivare con quella domanda?
«Non sono affari tuoi.» commentai leggermente infastidita, non mi piaceva quando le persone volevano parlare della mia situazione familiare.
«Ti volevo solo dire che se mi faresti il piacere di andare a dirgli che lo amo infinitamente, potrei prepararti un buonissimo frullato.»

Scossi la testa divertita.
«Che leccaculo.» esclamai divertita.
«Voglio solo dire che mi farebbe comodo un aiutino in fatto di storia.» alzai gli occhi al cielo.
«E io non sono la persona giusta, mi dispiace.» mentii. Spesso Aura la aiutavo con i test ma finiva lì.
«Come no? Io ho un bisogno disumano.» scoppiai a ridere.
«Mi sembri Aura quando usi questi termini strani di cui non sai nemmeno il significato.»

«Un aiuto quindi non me lo vuoi dare? Nemmeno un po'?» scossi la testa nuovamente. «Sicura?» annuii.
«Non faccio questi favori alle persone che non conosco.» lui sorrise.
«Ma noi ci conosciamo... Io mi chiamo Curtis Johansson, ho frequentato tre anni un'accademia militare. I miei genitori sono morti quando ero un adolescente e sono figlio unico. Ora ci conosciamo?» mi sorrise e io rimasi imbambolata.

Come faceva a parlare dei suoi genitori in quel modo, senza nemmeno rattristarsi un pochino? Come riusciva? Io non riuscivo nemmeno a pronunciare i loro nomi senza avere un colpo al cuore e sentire, come tutte le volte, il mondo crollarmi addosso.

«Potrei darti un aiuto, forse sì. Vedo cosa riesco a fare.» riportai i miei occhi sul libro senza curarmi più di tanto della reazione del biondo finché sentii due braccia circondarmi la vita.
«Se vuoi che ammazzi qualcuno per te, non aspettare a chiedermelo.» sorrisi e poi lo allontanai rapidamente.
«Staccati, non sono affettuosa.» infatti non ricambiai l'abbraccio nemmeno un secondo.

«No davvero, ho un debito con te e io li rispetto. Sono onesto, puoi fare affidamento su di me per qualsiasi cosa.» scossi la testa.
«Okay, ma non ne avrò bisogno.» Aura tornò e corrugò la fronte quando mi vide sorridere imbarazzata.
«È successo qualcosa qui?» chiese sorpresa.
«Nulla, tutto regolare.»

Sistemai dentro lo zaino tutti gli oggetti scolastici quando mi accorsi che non avevo combinato poi molto dei compiti che avevo.
«Johansson un caffè.» mi girai verso la mia destra e vidi Jaden sbuffare innervosito.
«Sì ciao Curtis, come sta andando il lavoro?» sorrisi. «No qui Jay tutto bene, tu stai bene?»

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